Nei primi otto mesi dell’anno gli arrivi di turisti in Sicilia sono aumentati del 57% e le presenze del 52,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Numeri che candidano il settore a diventare uno dei motori, se non il motore, dell’economia dell’Isola. Ma serve ancora lavorare per rafforzare la posizione della Sicilia all’interno del Mediterraneo dove l’Isola si scontra con altre destinazioni come le Baleari o Malta (o altre regioni italiane) che registrano presenze in crescita soprattutto nella componente straniera, mentre la Trinacria vive, in prevalenza, grazie al mercato interno.
Per quanto riguarda il Paese di provenienza degli stranieri, a “vincere” è la Francia (346.146 arrivi, 1.116.937 presenze), seguita dalla Germania (255.286 arrivi, 936.304 presenze) e dagli Stati Uniti (253.940 arrivi, 620.922 presenze). Tra gli italiani, primi gli stessi siciliani (1.390.032 arrivi e 3.421.055 presenze), con a seguire i lombardi (318.757 arrivi e 1.208.914 presenze) e i laziali (186.089 arrivi e 607.362 presenze). Sono questi alcuni dei numeri che sono emersi dalla Conferenza di settore della Confcommercio che si è tenuta nei giorni scorsi.
“Come si evince dai numeri – spiega Gianluca Manenti alla guida della associazione regionale – la ripartenza, in questo settore, è stata avviata. Ma è chiaro che le performance possono essere ancora migliori. Tutta la filiera può avere ricadute che possono risultare estremamente interessanti e che possono fare crescere il Pil del comparto a patto che si continui a investire sulla qualità e a patto che si riescano a risolvere alcuni nodi di carattere infrastrutturale che, purtroppo, come abbiamo visto anche durante l’estate, incidono pesantemente sulla possibilità di fare aumentare in maniera ulteriore questi risultati”. Per gli esperti serve destagionalizzare e puntare sul mercato estero.
Una chiave di lettura è data da Josep Ejarque, professionista del destination marketing e destination management: “Il Mediterraneo è l’area turistica più contesa a livello mondiale, cioè il 40% degli arrivi turistici si registrano in questa macrodestinazione. La Sicilia si trova in mezzo a una gabbia di leoni dovendo competere con realtà come Croazia, Malta, Grecia, Puglia, giusto per citarne alcune, che nel 2023, dal punto di vista delle presenze e degli arrivi, risultano essere tutte in crescita”. L’impressione, corroborata dai fatti, in questo caso dalle cifre, è che la Sicilia non sappia vendere bene il proprio prodotto.
Un esempio? “C’è stato il Wtm di Londra, una delle più grandi fiere turistiche internazionali. Quanti sono stati gli operatori turistici siciliani presenti? Pochissimi. Ecco perché il più grande mercato turistico della Sicilia è quello domestico. E questo non va bene”, spiega l’esperto. La problematica siciliana si chiama stagionalità perché in Italia le vacanze le facciamo classicamente durante l’estate mentre all’estero i francesi hanno sei periodi di vacanza nell’arco dell’anno, i tedeschi e gli inglesi cinque. “Dunque, trovare la chiave della destagionalizzazione è anch’esso un aspetto importante. Nelle destinazioni competitor della Sicilia la grande concentrazione si è registrata con i mercati turistici della Francia e degli Usa, bene anche la Germania ma si prevede che per il 2024 la generazione dei flussi turistici, per la questione economica interna, possa generare qualche problema. Gli Stati Uniti rappresentano un fantastico mercato. Ma attenzione, però. È un mercato che ha paura della guerra. E anche se la Sicilia è lontana migliaia di chilometri dai conflitti ucraino-russo e mediorientale, per gli americani si parla genericamente di guerra in Europa e, di conseguenza, dobbiamo capire che non si può dare nulla per scontato”, aggiunge.
“Rompere” le stagioni.
A livello nazionale, i principali competitor della Sicilia sono la Puglia o anche la Sardegna e il Lazio. Poi c’è Malta che è piccola sul piano dell’estensione territoriale e che ha fatto questi numeri, cioè soltanto fino al mese di luglio 2023 oltre 1.600.000 arrivi con 10 milioni di presenze, con un incremento notevole del 28% rispetto al 2022. Ma non solo. Le Baleari, da gennaio ad agosto, hanno registrato 12 milioni di arrivi turistici. “Sono stati bravi a fare crescere il discorso della destagionalizzazione”, spiega Ejarque, “da loro, infatti, si comincia già a febbraio: non si va al mare, in quel periodo, perché hanno sviluppato altri prodotti turistici e vanno avanti fino al mese di novembre. Direi che in Sicilia, fondamentalmente, il problema riguarda l’approccio, l’atteggiamento culturale da parte di chi si muove nell’ambito turistico. Il cliente non lo si cerca, si aspetta che arrivi. E questo è sbagliato”.
“Vero che quest’isola può contare su una bellezza paesaggistica, ma anche su un patrimonio culturale, che non è lontanamente paragonabile a Malta e alle Baleari. Ma se queste ultime due destinazioni fanno registrare numeri di molto superiori, significa che i loro operatori turistici si sono saputi muovere molto meglio di quelli siciliani”. La ricetta? “Il turismo non può essere improvvisazione, bensì strategia e pianificazione. E, nella maggior parte dei casi, in Sicilia manca. Occorre essere più presenti alle fiere internazionali, occorre presentare pacchetti sul turismo esperienziale che è la nuova strada per il futuro, serve muoversi seguendo una strategia. E non certo a casaccio o come battitori liberi. Così non si va da nessuna parte”.