Pezzi di Pizzo

Ulisse e le donne

Camminando intorno al Capo Peloro ci si imbatte nell’Horcynus Orca evocativa dello scrittore dello Stretto, Stefano D’Arrigo, ammaliato dal mito di Ulisse, come Joyce. Il “nostos”, il ritorno a Itaca, le peripezie e le fiere, i mostri, le sirene odissee, sono tutti temi ricorrenti. Ulisse nella storia è il vero uomo, un uomo antico, prometeico, che verso le donne non ha l’ossessione maniacale, fragile, insicura del maschio di oggi. Il quale le stupra, le disprezza, a volte le uccide, per una paura di inferiorità data dalla loro autonomia.

Dal loro essere cresciute nella Storia. L’uomo antico sapeva chi era, non era scevro di violenze sulle donne, bottino di guerra, rese schiave dai guerrieri. Ma in tempo di pace non aveva questa animalità sociale. Ulisse con le donne ne è esempio archetipo. L’odissea parla di dei, avversi alla sua autodeterminazione agnostica, e di donne. Tante sono le donne narrate, diverse e cangianti. Circe, Calipso, Nausica, Penelope. Ulisse ne è attratto, affascinato, sedotto e seduttore. Ma rimane se stesso, fedele alla sua natura. Lui le donne le vuole conoscere, capire il motivo della loro forza attrattiva. Il suo è un moto di conoscenza, non di possesso. Perché lui non vuole essere posseduto, cambiato in porco come fa Circe con i suoi compagni. E anche dall’ultima, che sembra approdo finale, a Itaca, la Penelope fedele al suo talamo, che con astuzia difende dai Proci, alla fine se ne allontana. Non per infedeltà, ma per lealtà al suo spirito, al Prometeo della conoscenza che è in lui.

E riprende la barca, il suo errare, verso l’ignoto, verso mondi nuovi, oltre le Colonne d’Ercole. Un uomo del genere è forse dannazione per donne stanziali, muliebriche o meno, costruenti il proprio universo, grande o piccolo che sia. L’alternativa sono gli uomini Apache, infantili, insicuri, a volte arroganti, che hanno paura delle donne e, forse per questo, le stuprano, le usano forme diverse di violenza. Difficile condizione quella femminile di oggi. Uomini antichi, come il mito di Ulisse, non ce ne sono quasi più. Rimangono maschi fragili e incattiviti dalla perdita di ruolo, oppure sedati, quasi catatonici senza fiera risolutezza.

Quasi tutti Proci.


Così è se vi pare.