Cultura e civiltà ebraica

Una riflessione per iniziare l’anno

Il capodanno ebraico per l’anno 5871 è stato celebrato i giorni 19 e 20 settembre, appena trascorsi.
La ricorrenza, a cui sono legati molti postulati religiosi e tante tradizioni, rappresenta pure il “compleanno” dell’intero universo e costituisce un’ottima occasione per alcune riflessioni sull’idea della creazione.
L’idea che Dio abbia creato il mondo dal nulla è un principio comune e condiviso dalle tre religioni monoteistiche principali: Islam, Cristianesimo ed Ebraismo. In ciascuna rappresenta l’affermazione di una credenza di fede assoluta e quindi come tale si presta a costituire una valida base su cui fondare il dialogo intereligioso.

Il primo dei cinque libri che compongono le Sacre Scritture, per gli ebrei Torah e per i cristiani Bibbia, rispettivamente denominate Bereshit e Genesi, anche queste comuni e condivisi, raffigurano Dio che crea con la sua volontà e con la parola tutte le cose: le tenebre e la luce, il firmamento e le sue stelle, la terra ferma ed i mari, ed ancora le piante e gli animali. Tutto nasce dal solo comando verbale del Creatore. La parola quindi è lo strumento con cui, secondo il racconto delle Scritture, si realizza tutto ciò che esiste, ad esclusione dell’uomo, la cui creazione, come è noto, è avvenuta con altre modalità, in quanto, formato di terra e vivificato dal soffio creatore di Dio. A l’uomo, a differenza degli animali, venne data la parola e la possibilità di creare con essa. La parola è una facoltà essenziale, giacchè è necessaria a far emergere dal caos interiore, costituito dal personale sentire di ciascuno, il reale contenuto delle cose, che così nel pensiero possono prendere forma e consistenza.

Quindi il parlare non è solo comunicare, ma è ancor prima il modo di individuare e mettere ordine le mille cose materiali ed immateriali di cui si percepisce la presenza. Uscire dall’iniziale stato confusionale è uno dei primi doveri dell’uomo, che se non adempiuto fa sì che le tante e tante cose, che la vita gli mette a disposizione, lo blocchino in una paralizzante inattività, come il pigro che non levandosi dal letto al mattino rinuncia a vivere la sua giornata. Le parole, che sono state apprese, confluiscono nella lingua che da adulti parliamo e che amorevolmente ci è stata insegnata nel corso della nostra infanzia, il loro uso rientra tra le cose più importanti che abbiamo appreso per imparare a vivere. Il linguaggio è una convenzione che ci permette di comunicare con gli altri, ma dipende da noi e solo da noi, se le parole che pronunciamo sono genuine e ci aprono a gli altri, oppure vane ed ingannevoli, dietro le quali nascondersi, per non consentire che il nostro interlocutore ci guardi dentro.

Quindi anche le parole umane hanno una loro vitalità creativa, in quanto modificano la realtà, creando situazioni, circostanze e sentimenti che con loro nascono, ma che a causa loro possono finire ed estinguersi. Quindi parole buone che guariscono e aiutano e parole taglienti che feriscono. Parole violente, gridate, strumento di conflitto e parole di pace, forti e da scolpire sulla carta, perché restino, per la vita. Così forti da consentire di affermare, ciò che non potè la spada, potè la parola. Le parole degli altri dobbiamo saperle ricevere ed accoglierle secondo l’insegnamento del Talmud: “Costruisci la tua casa con i sassi che ti hanno gettato contro”.

Buon 5871 soprattutto a coloro che sanno accogliere le parole degli altri.