Una voce fuori dal coro, alla 35° Giornata del Dialogo tra Cattolici ed Ebrei, è stata quella del Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha evidenziato la crisi apertasi tra gli esponenti delle due religioni a causa delle sorprendenti reazioni del mondo cattolico, dopo la sanguinosa aggressione del 7 ottobre, perpetrata da Hamas. Reazioni, in contro tendenza rispetto alle parole di amicizia e vicinanza che sono state pronunciate, in quella sede di convegno, da eminenti rappresentanti del cattolicesimo, che sono radicalmente opposte ai discorsi che si sono sentiti proferire in diverse occasioni, da altri eminenti rappresentanti della Chiesa Cattolica, anche di alto livello, che recuperano in pieno tutti gli antichi schemi oppositivi alla tradizione ebraica.
Il Rabbino Di Segni ha premesso, ancora, che, come ogni anno, la Giornata del Dialogo, tenuta a metà gennaio, finalizzata alla comprensione, storica e teologica, di tutto quanto nelle due religioni le accomuna e le diversifica , ha avuto ad oggetto, quest’anno, guarda caso, ma nulla accade per caso, la profezia di Ezechiele, sulla ricostituzione del Popolo ebraico sulla terra di Israele, tema che, come di consueto, era stato concordato parecchi mesi prima dell’evento, quando una così violenta e sanguinosa aggressione, come quella subita da bambini, donne ed anziani israeliani non era immaginabile.
Malgrado le non gradite ed inattese prese di posizione di alti esponenti del mondo cattolico, non si è ritenuto da parte ebraica che fosse necessario modificare il tema dell’incontro, giacché era certamente possibile, così come poi effettivamente è avvenuto, non tralasciare, nell’occasione, di evidenziare il riapparire di pensieri antichi di matrice marcatamente antisemita, che sembravano esser definitivamente tramontati ed appartenere al passato, per effetto dei dialoghi che hanno avuto inizio nella solenne dichiarazione nota come Nostra Aetate, nata dal Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, che pose ed aprì la Chiesa romana, in una nuova luce, alla non semplice relazione con gli Ebrei. Il Rabbino, romano, da tutti riconosciuto come persona pacata ed ottimo interlocutore con i cattolici, ha iniziato con il denunciare le parole del vescovo di Anversa, importante cittadina belga, sede di una folta comunità ebraica.
L’importante Primate delle Fiandre, in una lettera aperta indirizzata agli “amici Ebrei” parla di una frattura teologica insanabile che esisterebbe, dopo la guerra in corso, tra la tradizione ebraica e quella cristiana. Nella missiva viene negato all’ebraismo, dal punto di vista religioso una sua specifica via di salvezza, a cui a chiarimento è stato aggiunto: non siamo più sulla stessa linea dopo la resurrezione di Cristo; e da quello politico la negazione al diritto ad una sua autonomia per lo Stato di Israele. Apprezzamenti che fanno agevolmente emergere, oggi, che fosse solo retorico l’appellativo di “amici ebrei” che apriva la lettera, indirizzata alla locale comunità.
Passando poi, a quanto dichiarato dal teologo biblista Alberto Maggi, che è stato anche più esplicito, ammesso che lo si potesse, costui ha contestato il diritto degli Ebrei alla terra d’Israele, li ha accusati di crudeltà, rispolverando le antiche accuse di popolo deicida e, parlando, con riferimento alla guerra in atto nella striscia di Gazza, ha esecrato una occupazione che su quella terra si manterrebbe dalla fondazione dello Stato di Israele; con evocazione dell’episodio biblico della strage degli innocenti, ponendo in ombra il particolare, che i bambini trucidati erano tutti ebrei.
Ha aggiunto Di Segni che tali posizioni non sono isolate, giacché nel mondo cristiano non sono pochi coloro che non si sono fatti scrupolo di additare il popolo ebraico come crudele e vendicativo, qualificandolo terrorista e pertanto ponendolo sullo stesso piano dell’aggressore Hamas, che ancora oggi continua a lanciare missili sulle cittadine israeliane e tenere, chissà in quali condizioni, i mal capitati rapiti in ostaggio, tra violenze e stenti.
Ed ancora ha ricordato l’atteggiamento del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, massima autorità cattolica in quelle terre, che non si è fatto scrupolo di dichiarare che questa guerra costituisce uno spartiacque nel dialogo interreligioso, che non potrà essere più come prima; parole che ha confermato con un preciso atteggiamento. Infatti quest’anno è andato a celebrare, a Betlemme, la messa di Natale, indossando una kefiah sull’abito cardinalizio, alimentando con questo gesto quelle voci, senza fondamento, che vorrebbero Gesù un bambino palestinese, anziché ebreo, così come è stato sempre correttamente ritenuto, con assoluta certezza e coerenza storica.
Gesto carico di significati che ha l’effetto di stravolgere l’immagine di Cristo, comunemente accettata e condivisa, e quindi del cristianesimo che è uno dei cardini della stessa civiltà latino-cristiana su cui fonda buona parte del pensiero del mondo occidentale e nei quali si identifica.
Sempre, proseguendo nel suo esplicito dire rivolto ai cattolici, il Rabbino li ha richiamati dicendo che loro non hanno il monopolio della pace, perché anche gli ebrei vogliono la pace, ma una pace vera, con la sconfitta degli operatori del male che hanno perpetrato una strage e possono realizzarne altre; perchè gli ebrei pensano che una guerra non sia necessariamente una sconfitta per tutti, così come è stato per il conflitto con la Germania nazista del 1945. Concludendo, ha ancora puntualizzato che anche se si condanna a parole l’antisemitismo, nei fatti purtroppo non è così.
Quindi, il Rabbino Di Segni ha conclusivamente invitato i cattolici ed anche i laici ad approfondire quanto accade ed evitare di schierarsi con la parte che più appare soffrire per sentirsi buoni; esortando in specie ogni uomo di fede ad evitare che l’attuale strappo sul piano teologico si irrigidisca. Ricordando infine che l’identità culturale dell’Occidente vede intrecciarsi il pensiero ebraico con la tradizione sia classica che cristiana e che nel secolo scorso il mondo ha subito il nazismo in conseguenza della negazione di una di queste radici.
Parole che fanno riflettere quelle del Rabbino Capo di Roma e che, malgrado il loro peso, non hanno trovato opportuno spazio sui media.