Istruzione

All’università di Messina si studia la biodiversità in ambienti estremi

Uno degli obiettivi innovativi relativi alla ricerca sulle biodiversità in ambienti estremi è quello di sfruttare il potenziale biotecnologico di questi organismi, per rispondere alla crescente domanda di nuovi prodotti attivi nelle applicazioni farmaceutiche, cosmetiche ed alimentari”. A dirlo il prof Salvatore Magazù decano di Fisica al Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT) dell’Università di Messina e di recente nominato nuovo Direttore del Centro Universitario di Ricerca per lo studio degli Ambienti Estremi ed Estremofili (Centro E3).

Le attività del Centro – spiega il prof. Magazù – hanno un carattere interdisciplinare e ricomprendono lo studio degli ambienti estremi, degli estremofili, organismi che vivono in ambienti estremi, le attività formative di giovani ricercatori e lo sviluppo di diverse forme di cooperazione tra università, enti di ricerca e industrie. In questo riferimento, il Centro E3 fornisce un centro di documentazione che è un punto di riferimento per gli studiosi del settore e possiede una vasta collezione di colture di estremofili”.

“In particolare, – prosegue il prof. Magazù – nell’ambito delle ricerche sugli estremofili mi sono interessato alla criptobiosi (dal greco kriptos, i.e. “nascosto” e/o “rivestito”, e bios, i.e. “vita”) ovvero a quei particolari stati di alcuni organismi, appartenenti a tutti i regni naturali, in cui, in condizioni ambientali estreme, vengono mantenuti livelli non rilevabili (nascosti) delle funzioni metaboliche (vita); in questo contesto l’attenzione è stata rivolta ad alcune molecole dette “criptobiotiche” quali i disaccaridi omologhi (e.g. il trealosio) che mostrano eccezionali proprietà bioprotettive in ambito biotecnologico e possono essere motivo di sviluppo in diversi settori”.

“Inoltre l’area dello Stretto – aggiunge il prof. Magazù – di Messina e il comprensorio delle isole Eolie, con i suoi vulcani e le sue aree vulcaniche sommerse (e.g. isola di Panarea), i suoi flussi marini, atmosferici, migratori, i suoi laghi salati, le sue aree soggette a desertificazione, gli eventi meteorologici estremi che si manifestano in quest’area dalla peculiare orografia con crescente intensità, ripercussioni di cambiamenti climatici cui sempre maggior necessità si va sempre più oggi attribuendo, costituiscono una delle fonti più esclusive di conoscenza e sono fonte di richiamo per un sempre maggior numero di studiosi stranieri sul nostro territorio. E, oltre alle attività di ricerca coordinate con altri siti di eccellenza (e.g. Antartide, deserto dell’Atacama, Lago Rosa, Parco nazionale di Yellowstone, etc…), tra le iniziative più importanti che il Centro intende sviluppare ci sono anche le attività legate alla trasposizione degli esiti delle ricerche sul nostro territorio in chiave divulgativa”.