ROMA- Se per la scuola il secondo anno di pandemia ha coinciso con il ritorno delle lezioni tradizionali, in presenza, lo stesso non si può dire per le università. Negli atenei, infatti, anche l’anno accademico in corso è stato dominato dalla dad: 2 studenti universitari su 5 dicono di aver frequentato le lezioni prevalentemente a distanza, anche volontariamente. Ed è facile immaginare che, anche in futuro, l’e-learning rimarrà un’opzione a disposizione dei ragazzi, ormai abituati alla nuova modalità d’apprendimento. Un fattore, questo, che potrebbe modificare sensibilmente le loro scelte per il post-diploma, portando presto alla definitiva consacrazione degli atenei che operano esclusivamente online.
Emerge dai risultati dell’Osservatorio ‘Università telematiche’, realizzato dal portale studentesco Skuola.net in collaborazione con il Cfu – Centro formativo universitario. Tra i circa 4.000 alunni delle scuole superiori interpellati che, nel loro futuro, vedono l’iscrizione a un corso di laurea, oltre 1 su 2 pensa che valuterà anche l’offerta di queste realtà. E quasi 1 su 10 le ha messe ai primi posti nella lista delle opzioni. Si tratta di un cambio di paradigma radicale, visto che in passato questi atenei venivano presi in considerazione più dagli studenti lavoratori che da quelli a tempo pieno. Ma non è solo la dad a trainare la crescita di consensi delle telematiche. Certamente ha fatto la sua parte, sdoganando il concetto di formazione a distanza: non a caso ben 2 studenti su 3 dicono di aver maturato il proprio pensiero analizzando soprattutto il modo in cui il mondo della scuola e dell’università hanno risposto all’emergenza.
Ci sono, però, altre parole chiave che potrebbero fare la differenza nel momento della scelta finale. Le più ricorrenti? ‘Qualità della vita’ e ‘risparmio’. Nella classifica dei motivi che, nella mente delle aspiranti matricole, spostano l’ago della bilancia in favore degli atenei online, in prima posizione – con il 30% dei consensi – troviamo, infatti, sia la possibilità di studiare nel luogo e nei tempi preferiti sia la possibilità di abbattere quelle spese accessorie che gravano su parecchi universitari (spostamenti, vita da fuori sede, ecc.) o banalmente di minimizzare il costo dei libri (di solito le telematiche forniscono anche i materiali di studio).
Ma non manca chi si dichiara interessato perché convinto che studiare a distanza aiuti l’ambiente riducendo le emissioni per gli spostamenti e la produzione di carta (l’8%) oppure perché crede che il metodo di studio sia nettamente migliore rispetto a quello tradizionale (il 6%). Solo il 7% opterebbe per una telematica perché attirato da una presunta prospettiva di minore difficoltà del percorso di studi.
Al centro, dunque, non c’è la ricerca di una laurea regalata bensì il miglioramento del benessere individuale. Riuscendo comunque a mantenere alto il livello della formazione ricevuta. Più in generale, infatti, la maggior parte degli alunni delle scuole secondarie è convinta della bontà dell’e-learning come modello didattico. Per il 56% si può benissimo adattare alle esigenze di tutti gli studenti; per il 63% può assicurare una buona qualità degli apprendimenti. Così come perde sempre più forza l’idea che una laurea presa online abbia meno valore di quelle “tradizionali”: 1 su 2 si dice in disaccordo con questa visione, considerata frutto di un luogo comune ormai superato.
Un giudizio, quello che i futuri diplomati si sono fatti delle università telematiche, avvalorato anche da chi è attualmente impegnato nella formazione accademica. L’Osservatorio, infatti, ha chiesto a circa 1.000 studenti universitari di tracciare un bilancio degli ultimi due anni, vissuti prevalentemente a distanza. Ebbene, tra gli iscritti negli atenei online, la stragrande maggioranza (85%) si ritiene soddisfatta – il 35% è molto soddisfatto – di come la propria università abbia gestito la didattica. E, per un eventuale percorso post-laurea (master, dottorato, ecc.), ben 7 su 10 già pensano di confermare la scelta.
Lo stesso non si può dire per chi ha vissuto la pandemia studiando in un ateneo tradizionale. Qui il livello di soddisfazione crolla: solo il 75% promuove la Dad imbastita in emergenza dalla propria università e appena il 16% appare molto soddisfatto. Un vero guaio visto che, come anticipato, un’ampia fetta di loro (42%) ha messo piede in facoltà poco o nulla, frequentando quasi sempre da remoto.
Ma c’è di più. Rimanendo sugli studenti delle università tradizionali, in tanti (30%) hanno addirittura pensato se cambiare strada in corso d’opera, passando alle loro controparti telematiche. Perché non lo hanno fatto? Più per ragioni organizzative che di blasone: la maggior parte dice che avrebbe dovuto cambiare troppe cose, molti altri per la mancanza del proprio corso di laurea nelle telematiche, altri ancora per pigrizia. Andando ad alimentare la folta schiera (44%) di ragazze e ragazzi che, ad oggi, si sentono penalizzati – il 33% abbastanza, l’11% decisamente – dall’aver frequentato in questo periodo storico un tipo di università da sempre basata sul rapporto frontale tra studenti e professori, quindi poco abituata a cavalcare le nuove tecnologie.
“L’apprendimento online – sottolinea Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – si è ormai liberato da quella certa diffidenza che prevaleva quando le lezioni a distanza erano una rarità a cui facevano ricorso soprattutto gli studenti lavoratori. Oggi non solo il mondo della scuola e delle università, ma anche quello del lavoro, hanno compreso che la rete può dare infinite opportunità. Purché gli strumenti e le tecnologie utilizzate siano adeguate. Gli atenei telematici, su questo piano, sono decisamente più avanti, potendo vantare un’esperienza sul campo che non si riduce agli anni della pandemia”.