Innovazione

Comportamento responsabile, la risposta è nel nostro cervello

MILANO – Quali sono i meccanismi neurali che consentono di sentirci responsabili delle nostre azioni? Li rivela lo studio dal titolo “How the effects of actions become our own” realizzato da un gruppo di ricercatori coordinato da Eraldo Paulesu e condotto da Laura Zapparoli e Silvia Seghezzi (rispettivamente assegnista e dottoranda di ricerca del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca) in collaborazione con l’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi, presso il quale i ricercatori studiano la fisiologia e i disturbi del movimento.

Una ricerca che ha avuto un’importante ribalta internazionale, tanto da essere pubblicata sulla prestigiosa rivista Science Advances.

Sebbene gran parte del funzionamento del nostro sistema motorio avvenga automaticamente, noi “sappiamo” di essere attori del nostro comportamento. Inoltre, prevediamo e siamo consapevoli delle conseguenze delle azioni che pianifichiamo, con riferimento ai nostri obiettivi. La sensazione di controllare volontariamente le nostre azioni e, attraverso esse, gli eventi nel mondo esterno è il cosiddetto “senso di agentività”, una componente cruciale del monitoraggio dell’azione e della consapevolezza di sé.

Allo scopo di ricreare la sensazione di agentività del quotidiano, il gruppo di ricercatori ha sottoposto 65 partecipanti a un semplice compito: i soggetti dovevano in un caso premere un pulsante, dopo aver ricevuto un segnale visivo (condizione attiva), oppure lasciare che fosse lo sperimentatore a premere il loro dito sullo stesso pulsante (condizione passiva). In entrambe le condizioni, la conseguenza della pressione era l’accensione di una lampadina sullo schermo di un computer. Ai partecipanti è stato quindi chiesto di giudicare l’intervallo temporale percepito tra l’azione (attiva o passiva) e la sua conseguenza, con l’obiettivo di misurare il cosiddetto intentional binding.

Tale fenomeno, considerato una misura implicita di agentività, consiste nel fatto che i soggetti che si sentono agenti di una determinata azione, e degli effetti a essa associati, giudicano più breve l’intervallo temporale tra azione attiva ed effetti rispetto allo stesso intervallo percepito in una condizione passiva. Combinando la tecnica della risonanza magnetica funzionale (Fmri) con quella della stimolazione magnetica transcranica (Tms), i ricercatori hanno descritto i meccanismi neurali alla base di questo stato mentale.