Le varie inchieste su personaggi politici che ricoprono cariche istituzionali di vertice, come nel caso della Giunta del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e quello del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, hanno riaperto l’annosa questione riguardante il finanziamento pubblico dei partiti, abolito con legge n. 96 del 2012. Ciò non toglie che chi opera nel sistema partitocratico italiano ha la possibilità di ricevere finanziamenti ufficiali, i quali devono pervenire mediante bonifici bancari in modo da rilevarne la tracciabilità e quindi la legittimità.
Nonostante questo, alcune Procure ritengono, attraverso intercettazioni e trojan, di connettere tali finanziamenti (o donazioni) effettuate ufficialmente tramite bonifici bancari ad accordi che possono nascondere reati.
Vi è un altro filone che hanno preso le inchieste e riguarda i rapporti fra responsabili di istituzioni e imprese private. Però è fuor di dubbio che il settore privato debba essere connesso con quello pubblico.
Dunque, si sono sollevati alti lai per riaprire il fiume di denaro pubblico verso i partiti perché essi non ricevono sufficienti risorse per sviluppare la propria attività.
Sol che costoro, che hanno riattivato le vecchie micce, hanno dimenticato che tali partiti dovrebbero avere degli ordinamenti interni regolati da leggi, come prevede l’articolo 49 della Costituzione. Dovrebbero assumere personalità giuridica e avere bilanci certificati; insomma, rientrare in quelle figure costituzionali che vanno sorvegliate dalle leggi e i cui comportamenti non possono essere arbitrari come accade oggi.
Si pensi, in tal senso, anche ai sindacati. Essi, previsti dall’articolo 39 della Costituzione, hanno forma di associazione privata, ai sensi dell’articolo 36 e seguenti del Codice civile, per cui non subiscono controlli di nessun genere e per conseguenza ciò che accade all’interno dei loro bilanci privati non deve essere reso di dominio pubblico. Pertanto, non vi è possibilità di controllarli.
Per esempio, non sono descritte le agevolazioni previdenziali che hanno i dirigenti sindacali, nessuno sa quale sia l’emolumento del segretario generale e di tutti gli altri segretari della direzione e altri elementi di valutazione, che non solo i/le cittadini/e, ma anche gli/le associati/e ai sindacati stessi avrebbero il diritto di sapere.
Il ceto politico e le istituzioni legislative non si sono mai sognati in questi settantotto anni di Repubblica di approvare una legge che ne controllasse tutti i movimenti finanziari.
Perché non l’hanno fatto? Perché a loro volta sono carenti sotto il profilo legislativo, in quanto non hanno approvato le leggi che disciplinino il funzionamento dei partiti, come prevede l’articolo 49 della Costituzione.
Perché? Perché anch’essi preferiscono non rendere di dominio pubblico i loro bilanci e i finanziamenti che ricevono.
Insomma, la non attuazione dell’articolo 49 per la legge sui partiti e dell’articolo 39 per la legge sui sindacati costituisce un grave vulnus nell’ordinamento legislativo italiano e soprattutto è una sorta di offesa all’opinione pubblica, che avrebbe il diritto di sapere tutti i movimenti di denaro attorno ai due soggetti, mentre essi restano al buio e, in particolare, degli stessi non vi è alcun rendiconto pubblico.
Noi abbiamo più volte portato all’evidenza dell’opinione pubblica queste due gravi carenze, non certo pensando che la nostra denunzia potesse essere determinante al fine di eliminarle, ma augurandoci di sensibilizzare in qualche modo i rappresentanti delle istituzioni.
Evidentemente la loro sordità è acuta e non può tenere conto delle stimolazioni che un quotidiano come il nostro porta da decenni.
Non è incidentale inserire altre carenze che consistono nel non osservare la Costituzione e riguardano le assunzioni dei pubblici dipendenti, che dovrebbero avvenire con concorsi pubblici (articolo 97), e il comportamento degli stessi dipendenti pubblici, che dovrebbe essere guidato da “disciplina e onore” (articolo 54).
Tutta la nostra Costituzione dovrebbe essere insegnata ai/alle giovani fin dalle elementari, ma nonostante l’obbligo di farlo non appare che gli/le insegnanti adempiano a quest’obbligo.
Non sembrino strane queste carenze e queste omissioni, perché esse fanno parte del sistema italico, pressappochistico, approssimativo e spesso inconcludente, che comporta notevoli danni ai/alle cittadini/e.