Editoriale

Gli utili della Pa sono i servizi eccellenti

È stata da poco approvata in via definitiva la legge Nordio che ha abrogato la norma penale riguardante il cosiddetto “abuso d’ufficio”. Questo reato, che ormai non esiste più, serviva per punire dirigenti e pubblici dipendenti che, approfittando del loro ruolo, traevano dalla loro attività un beneficio personale o a favore dei propri familiari.
Se non che, essendo un articolo a maglie larghe, al suo interno c’era tutto e il contrario di tutto. Cosicché il reato era difficile da trovare, con la conseguenza che, secondo alcune voci, appena l’uno per cento dei processi si concludeva con la condanna definitiva degli imputati.

La legge entrata in vigore avrà anche l’effetto di fare archiviare circa quattromila procedimenti in vita per lo stesso reato, che ormai non hanno più ragione di esistere.
Proprio questo rapporto numerico ci fa considerare che quella norma abrogata non serviva a evitare truffe, appropriazioni indebite, traffici di influenze e altro, di conseguenza è bene che sia stata eliminata dal Codice penale.

Da molte parti, però, è sorta la questione che ora i dirigenti e dipendenti pubblici hanno mano libera per commettere abusi. Come si fa a evitarli? La risposta non è semplice e tuttavia essa si trova all’interno dei Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl), i quali prevedono sanzioni fino al licenziamento, ma in forma talmente blanda e inconsistente che di fatto tali sanzioni non possono essere applicate.

Poi vi sono altri elementi mancanti nel rapporto fra amministrazione pubblica, da un canto, e dirigenti e dipendenti, dall’altro, vale a dire che negli stessi Ccnl mancano quei requisiti fondamentali che sono il merito e la produttività; manca anche il metodo di controllo perché a monte non vi è un’organizzazione efficiente che metta a confronto il lavoro da svolgere con gli obiettivi da raggiungere.
Mancando questo controllo non si può mai arrivare alla conclusione se dirigenti e dipendenti lavorino bene, cioè guadagnino onorevolmente il loro stipendio ovvero siano “mangia pane a tradimento”, vale a dire nullafacenti che però percepiscono puntualmente la loro prebenda.

Parlare di utili nella Pubblica amministrazione per alcuni è una bestemmia. Confermiamo se ci si riferisce agli utili monetari, che derivano dalla differenza fra costi e ricavi, derivanti a loro volta dall’attività propria delle imprese. Però esistono gli utili figurativi, cioè quella differenza fra spese e servizi prodotti, che costituiscono gli utili delle Pubbliche amministrazioni.

In altri termini, i servizi che vengono resi ai/alle cittadini/e dovrebbero essere quantificati e valutati per la loro qualità, per cui sarebbe opportuno quanto previde nel 2009 il ministro Brunetta e cioé mettere a fianco di tutti gli sportelli pubblici le tre luci (verde, gialla e rossa) secondo le quali gli/le utenti, schiacciando il relativo pulsante, possono esprimere soddisfazione o insoddisfazione totale o parziale. Immaginate se queste tre lucette fossero messe in tutti i servizi sanitari che statistiche verrebbero fuori.
I/le cittadini/e-clienti devono potere esprimere la loro soddisfazione o meno per i servizi ricevuti perché è proprio essa la “paga” dei servizi stessi.

Quanto precede non è responsabilità dei 3,2 milioni di dirigenti e dipendenti pubblici, ma dei Ccnl che vengono redatti da incompetenti o persone in malafede perché le regole in essi contenute dovrebbero partire dall’inizio della produzione dei servizi ed arrivare al momento dell’esito, sul quale dovrebbero potersi esprimere i/le beneficiari/e.

Quindi, una responsabilità ce l’ha l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pa) nazionale e regionale perché non è gestita da professori di organizzazione e perciò non ha la sufficiente autorevolezza e la necessaria competenza per stabilire le regole di funzionamento della stessa Pubblica amministrazione.

Dall’altra parte, i sindacati, fin dal 1968, spingono verso il basso la qualità dei servizi perché intendono salvaguardare incapaci, nullafacenti e tanti altri pubblici dipendenti che vanno al lavoro unicamente per prendere lo stipendio.
Ma ve n’è un’altra parte minoritaria che fa interamente il proprio dovere e regge il peso di una mansione onorevole ed onorata.