Il vaccino anti-Covid sarà ancora impiegato in massa per contrastare la pandemia? Arriva lo studio per il vaccino somministrato per bocca o naso: il farmaco diminuisce la trasmissibilità del virus.
Un vaccino anti-Covid somministrato per bocca o naso può aiutare ad alzare la barriera contro il contagio da Sars-CoV-2? Per un team di scienziati è una strategia praticabile, in grado di ridurre sia la malattia che la trasmissione per via aerea.
E’ la conclusione a cui approdano gli autori di uno studio pubblicato su ‘Science Translational Medicine’ e visibile online, nel quale si riportano i risultati di un test condotto su animali con un candidato vaccino a vettore adenovirale.
“I vaccini contro il coronavirus Sars-CoV-2 attualmente approvati”, somministrati tramite iniezione, “sono in grado di proteggere i vaccinati da infezioni sintomatiche, ospedalizzazione e morte per Covid.
Tuttavia, non prevengono completamente l’infezione”, fanno notare gli scienziati del Duke Center for Human Systems Immunology and Department of Surgery, dell’azienda Vaxart e del Lovelace Biomedical Research Institute, che hanno approfondito il possibile ruolo di un’altra immunità, quella della mucosa. “Sono necessarie strategie finalizzate a bloccare la trasmissione, che rallentino la diffusione del virus e proteggano dalla malattia”, ragionano.
Per gli esperti “ci sarebbe un vantaggio sostanziale nello sviluppo di vaccini” con queste potenzialità.
La variante Omicron, infatti, “sembra più in grado di evitare l’immunità indotta dal vaccino rispetto alla variante Delta e ha causato una notevole ondata invernale di infezioni, creando una grave carenza di operatori sanitari” per esempio negli Usa, e considerato che “la maggior parte del mondo è sotto immunizzata, compresi tutti i bambini under 5 e la maggior parte dei 5-12enni, la possibilità che un vaccinato con infezione post-iniezione scudo possa diffondere il virus a familiari o membri della comunità non immunizzati rappresenta un rischio”.
Gli scienziati hanno quindi sviluppato un candidato vaccino e per valutarne l’impatto lo hanno somministrato per via orale o intranasale ai criceti, dimostrando che questi avevano risposte anticorpali “robuste e cross-reattive”.
Gli autori hanno indotto un’infezione post vaccinazione e hanno osservato che i criceti vaccinati per via orale o intranasale avevano una diminuzione dell’Rna virale e del virus infettivo nel naso e nei polmoni e presentavano meno patologie polmonari rispetto agli altri.
I roditori sono stati esposti in una camera a flusso d’aria unidirezionale per essere vaccinati per via mucosale.
Quelli infettati avevano un Rna virale inferiore nel tampone nasale e mostravano meno sintomi clinici rispetto agli animali di controllo. Questo, spiegano gli autori dello studio, suggerisce che la via della mucosa riduce la trasmissione virale. “I nostri dati dimostrano che l’immunizzazione della mucosa è una strategia” da considerare.
Il motivo per concentrarsi su questo ‘passaggio’ del virus è presto detto: “La mucosa del tratto respiratorio superiore è il sito iniziale di replicazione di Sars-CoV-2 e il sito primario di infezione – evidenziano gli scienziati Usa – E di conseguenza gli interventi che inducono risposte immunitarie della mucosa robuste possono avere il maggiore impatto sulla riduzione della trasmissione di Sars-CoV-2”. Da qui la scelta di esplorare questa strada.
I vaccini adenovirali orali sviluppati dagli scienziati sono stati somministrati a oltre 500 persone, e sono stati “ben tollerati e in grado di generare robuste risposte immunitarie umorali e cellulari agli antigeni espressi”.