MODICA – Il vaiolo delle scimmie, un’infezione trasmessa dagli animali all’uomo e causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo, ma che si differenzia da questo per la minore trasmissibilità e gravità della malattia che provoca. Tra i suoi sintomi distintivi febbre e manifestazioni cutanee quali vescicole e piccole croste che si risolvono spontaneamente, più gravi in gruppi fragili come i bambini. Questo quanto riporta l’Istituto Superiore di Sanità al suo ultimo aggiornamento risalente ad Agosto 2022 puntando l’attenzione su alcune questioni nodali per le quali abbiamo chiesto il supporto scientifico del dottor Antonio Davì, direttore Uoc malattie infettive dell’ospedale Maggiore di Modica.
Dottor Davì, quali sono le caratteristiche cliniche del vaiolo delle scimmie?
“Il virus Mpox quest’anno si è ripresentato con un nuovo ceppo più virulento rispetto alla prima comparsa nel 2022/23 (ceppo Clade 1 b). Dopo un periodo di incubazione, variabile in media da circa sei giorni a quindici, cominciano a comparire alcune lesioni maculose, papulose, pustolose con formazione di croste che si diffondono in quasi tutti i distretti cutanei (talvolta con inizio dalle regioni genitali). Il quadro clinico può complicarsi con un quadro settico con localizzazioni polmonari e/o cardiache. La sintomatologia può durare da due a quattro settimane con guarigione completa”.
Come avviene il contagio e quale è l’attuale diffusione della malattia nel nostro Paese?
“Il contagio avviene prevalentemente attraverso i rapporti sessuali (uomini gay e bisessuali) e questo prevaleva nella precedente epidemia, il contatto diretto con la saliva o il sangue, con le secrezioni genitali e con le goccioline respiratorie. Nel 2022 abbiamo avuto in Italia 1.056 casi di cui 256 dovuti a viaggi all’estero con una prevalenza nel 98% dei contagiati di maschi. L’attuale epidemia si è sviluppata nel Congo e nei paesi limitrofi con oltre cinquecento morti. Nel Congo circa il 70% di tutti i casi riguarda bambini e ragazzi sotto i 15 anni e circa il 40% di questi sono sotto i cinque anni. È probabile una diffusione nelle donne gravide dalla madre al feto. Attualmente in Italia si sono manifestati nove casi di cui sei in Veneto, due in Friuli e uno in Lombardia; altri recenti casi in Svezia, Malta, Germania”.
Quali sono le conseguenze sulla salute in termini di invalidità o morte?
“Il virus attuale è più invalidante rispetto al precedente con la presenza anche di lesioni cicatriziali cutanee residue e la mortalità, negli ultimi casi verificatisi in Africa, può superare il 10-20% in rapporto alla fragilità di questi pazienti, alle loro condizioni igieniche e alle scarse cure mediche. Probabilmente questo ultimo virus può essere più letale rispetto al Covid-19”.
Si può parlare di una possibile prossima emergenza in Italia così come già dichiarato in Africa?
“Non è il caso di creare allarmismi perché abbiamo un buon sistema di sorveglianza con la presenza di reparti di malattie infettive in grado di affrontare un’eventuale nuova emergenza, chiaramente è necessario implementare l’attenzione per non farci trovare impreparati così come è successo inizialmente con la recente pandemia da Covid-19. A tal proposito la nostra Uoc di malattie infettive di Modica è stata individuata, per la provincia di Ragusa, come Centro di riferimento per i ricoveri e le cure di questi pazienti”.
Cosa può dirci sulle terapie a oggi efficaci? E sulla prevenzione?
“Non esiste una terapia specifica e appropriata per il vaiolo delle scimmie, ma oggi si può utilizzare un farmaco antivirale approvato per il vaiolo classico, il Tecovirimat. Il suo uso sembra possa limitare le complicanze dell’infezione e migliorare i tempi della guarigione, non presenta effetti collaterali importanti. In corso di malattia, nel caso di complicanze batteriche o fatti settici associati, si utilizzano antibiotici, antipiretici e terapie reidratanti di supporto. Riguardo alla prevenzione si ricorda il sesso protetto attraverso l’uso del condom e/o altri dispositivi di protezione, è inoltre necessario incentivare l’accesso ai servizi diagnostici e attivare importanti campagne di vaccinazione. Importante è inoltre l’isolamento di questi soggetti, l’uso nel personale di assistenza di dispositivi di protezione individuale (Dpi) oltre a un corretto smaltimento dei rifiuti organici o altro. Esiste un vaccino che può essere somministrato a soggetti con età superiore ai 18 anni e ai soggetti immunocompromessi e presenta modesti effetti collaterali come piccoli arrossamenti sulla sede di inoculazione. Va utilizzato nei soggetti che hanno avuto stretti contatti con i malati o che associano atti sessuali con il consumo di droghe chimiche (chemsex) e nel personale sanitario che viene preposto all’assistenza o che lavora nei laboratori”.