Emergono nuovi dettagli sul caso della morte di Valeria Fioravanti, avvenuta a Roma lo scorso 10 gennaio dopo una serie di diagnosi sbagliate: la ragazza, 27 anni, è deceduta a causa di una meningite, che i medici però avevano scambiato per un mal di testa e un mal di schiena.
Adesso sono tre i medici che rischiano il processo con l’accusa di omicidio colposo. La malattia non sarebbe stata riconosciuta e questo avrebbe portato la giovane, madre di una bambina di 16 mesi.
Gli ultimi accertamenti voluti dalle autorità che indagano sulla triste vicenda confermano che la morte della 27enne è stata causata da una meningite. Nei due ospedali in cui era stata i medici le avevano diagnosticato rispettivamente un mal di testa e un mal di schiena, curato con antidolorifici (compreso Toradol, che avrebbe placato il dolore ma non sconfitto ovviamente la malattia killer).
Il primo ricovero della giovane è stato al Policlinico Casilino. Lì i medici avrebbero parlato di una cefalea causata da “un movimento incongruo” durante il lavaggio dei capelli. Sette giorni dopo, all’ospedale San Giovanni Addolorata, la seconda diagnosi errata: una lombo sciatalgia. Tornata al San Giovanni due giorni dopo l’ultima diagnosi, la tac ha rivelato la terribile verità: non era mal di testa o mal di schiena, ma una “meningite acuta in fase conclamata”.
Purtroppo, però, era tardi: ricoverata d’urgenza allo Spallanzani, il 7 gennaio Valeria Fioravanti è entrata in coma e tre giorni dopo è morta. La famiglia ha denunciato subito il caso di malasanità e adesso tre medici rischiano l’accusa di omicidio colposo.
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