Alla luce della maggiore contagiosità della variante Delta la percentuale della popolazione che è necessario vaccinare per raggiungere l’immunità di gregge aumenta a circa l’88%.
“Poiché la variante Delta è circa il 60% più contagiosa rispetto alla variante Alfa, è necessario raggiungere una percentuale più alta di vaccinati. In questo modo, anche se a settembre la Delta dovesse essere dominante, non sarà pericolosa per la sanità pubblica”, dice all’ANSA il fisico Roberto Battiston, dell’Università di Trento, coordinatore dell’Osservatorio dei dati epidemiologici in collaborazione con Agenas. “Anche alla luce dei dati provenienti dall’ Inghilterra, la campagna di vaccinazione in corso potrà contenere l’impatto della variante Delta del virus SarsCoV2 nella misura in cui il numero persone completamente vaccinate (seconda dose) sarà elevato (oggi è circa il 26%). Molto probabilmente sarà una corsa contro il tempo, come è stata quella, vinta, che ci ha permesso di contenere la variante Alfa, dominante da fine febbraio-inizi di marzo”, osserva. Anche se è inevitabile la comparsa di focolai, se nel frattempo l’intensità dell’epidemia si sarà ulteriormente ridotta, aggiunge Battiston, “sarà possibile contenerne gli effetti a livelli molto bassi. Guai, in questa situazione, a rallentare il ritmo della campagna di vaccinazione”. Un numero alto di persone vaccinate significa limitare fortemente i contagi e tenere l’indice di contagio Rt ben al di sotto di 1, come è attualmente. “Dobbiamo puntare il più possibile verso l’immunità di gregge perché questa permetterà di contenere gli eventuali focolai in modo che non riescano a far sviluppare l’incendio di un’ulteriore ondata. L’immunità di gregge all’88% è “un obiettivo sfidante”, osserva ancora Battiston, ma si deve considerare che “più una variante si trasmette con facilità, più è necessario proteggere il maggior numero di persone con il vaccino, comprese le persone più giovani, circa 9 milioni in Italia tra 0 e 19 anni”.