Per onorare Rosario Livatino, primo magistrato beato nella storia della Chiesa, è nato in Vaticano, nel Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, un Gruppo di lavoro sulla “scomunica alle mafie”.
Obiettivo del gruppo è quello di approfondire il tema, collaborare con i vescovi del mondo, promuovere e sostenere iniziative.
Il Gruppo è composto da Vittorio Alberti, “officiale” del Dicastero dello Sviluppo umano e coordinatore, Rosy Bindi, ex presidente della Commissione Antimafia, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, don Marcello Cozzi, sacerdote da tempo impegnato sul fronte della legalità e del contrasto alle mafie, don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane, mons. Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale vaticano, e padre Ioan Alexandru Pop, del Pontificio Consiglio per i testi legislativi.
E’ un lavoro che parte da lontano e precisamente da quel 21 giugno 2014 quando Papa Francesco, nella Messa della Piana di Sibari, in Calabria, disse: “I mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”.
Senza pentimento le persone che aderiscono alla criminalità organizzata sono fuori dalla Chiesa.
E appelli alla conversione sono stati ripetuti nel tempo da Papa Francesco che ha rilanciato il grido “Convertitevi!” di Giovanni Paolo II, pronunciato dal Papa polacco nel 1993 nella Valle dei Templi ad Agrigento.
In questi anni sono seguite poi le decisioni di alcune conferenze episcopali regionali per prendere le distanze dalla mafia, per esempio sospendendo le processioni o celebrando battesimi e cresime senza la presenza di padrini.
Troppo spesso in questi riti erano infatti protagonisti esponenti delle famiglie malavitose.
La questione non riguarda solo le mafie italiane ma anche le cosche che imperversano in diverse parti del pianeta.
Per questo il Vaticano punta a linee guida che possano essere assunte per le differenti situazioni locali.
E per questo accanto a religiosi che da sempre sono in prima linea contro la mafia, da mons. Pennisi a don Ciotti, la Santa Sede ha voluto coinvolgere i laici che sono impegnati contro la criminalità organizzata e la corruzione, o per il loro ruolo politico, come Bindi, o per la loro vita professionale, come Pignatone.
“La commissione – ha spiegato Alberti – è stata costituita proseguendo il lavoro che avevamo iniziato quattro anni fa su mafia e corruzione. Ci siamo resi conto che nella Dottrina sociale della Chiesa, nel Diritto canonico, nel Catechismo non si fa menzione della scomunica ai mafiosi. Quindi, per rafforzare la scomunica, i pronunciamenti e il magistero di Papa Francesco su questo tema abbiamo pensato che occorreva intervenire. Di qui la creazione del gruppo di lavoro”.