Editoriale

Vera sostenibilità ambientale. I rifiuti all’estero? Vince il made in Italy

Torniamo ancora sulla questione dei rifiuti, che stanno sommergendo le regioni centro-meridionali come Lazio, Campania e Sicilia. In queste tre realtà si producono oltre sette milioni di tonnellate all’anno di Rsu. Non sanno più dove metterli perché le disastrate discariche sono stracolme e l’inquinamento dell’aria e del terreno aumenta di giorno in giorno.
L’inutile polemica fra il presidente della regione Lazio e segretario del Pd, Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma, Virginia Raggi, su chi debba individuare nuove discariche, è veramente stomachevole. Anziché adottare un’idonea soluzione, e cioè la rapida costruzione di termocombustori a impatto ambientale vicino allo zero, discettano sulla collocazione dei rifiuti.
Ma quando non vi sarà più nessuno spazio disponibile, non avranno altra scelta che mandarli all’estero, con costi di trasporto rilevanti, verso Norvegia, Germania o verso le regioni del Nord Italia, che degli Rsu hanno fatto una vera e propria industria produttrice di biogas, biocarburante, energia elettrica, sottoasfalto e prodotti per l’agricoltura.

Un umorista ha spiegato l’esportazione di Rsu con una battuta fulminante:“Vince il made in Italy”. Siamo arrivati proprio alla frutta se si legge una battuta di questo genere.
In tutta Europa si ride dell’Italia per questo problema e soprattutto si ride dell’incapacità di risolverlo, almeno per quella parte del territorio (Centro-Sud) che non ha l’abilità di mettere in atto la stessa soluzione che hanno trovato le regioni del Nord.
Anche in questo caso vi sono due Italie: quella che funziona e quella che arranca agli ultimi posti.
In questo quadro, risaltano le continue negazioni del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, che proditoriamente continua a lanciare anatemi contro i termocombustori, nonostante la legge Sblocca Italia (164/2014), che obbliga tutte le regioni, compresa la Sicilia, ad averne almeno due.
Un ministro che urla contro qualcosa, ma non trova la soluzione per risolverla è non solo inconcludente, ma anche fuorilegge, nel senso letterale che non applica una legge dello Stato. L’abbiamo scritto più volte e continueremo a ripeterlo finché soluzione non sarà trovata.
La sostenibilità ambientale è uno degli obiettivi che i governi dovrebbero perseguire in un quadro di equilibrio generale. Un vero Governo è composto da statisti preparati, competenti e onesti e soprattutto capaci di formulare progetti di medio e lungo termine che possono realizzarsi solamente se si è capaci di resistere alle tentazioni di propinare al popolo italiano notizie false e stupide.
Sostenibilità ambientale significa che tutto il sistema economico deve essere orientato, guidato, sottoposto a obiettivi raggiungibili che comportano anche sacrifici.
Per esempio la lotta alla plastica non biodegradabile, che crea enormi danni al territorio e al mare, la lotta alle bevande zuccherate, che possono anche risultare parzialmente tossiche, la mancata conversione delle centrali termo-elettriche, che usano ancora il petrolio e il mancato sostentamento decisivo alle fonti rinnovabili. Sono elementi che fanno comprendere come non vi sia nel nostro Paese una vera e propria politica ambientale.

Non ci vogliono né verdi né ambientalisti per fare una vera politica che preservi i cittadini dai danni derivanti dal cattivo uso dell’ambiente. Ci vogliono persone di buon senso che capiscano il problema, che non siano prone di fronte ai cosiddetti poteri forti e che abbiano onestà e competenza per redigere ottimi progetti.
Tuttavia, la sollevazione dei giovani deve essere accolta con estremo favore, da Greta alle Sardine e ad altri movimenti, in qualunque parte del globo si trovino, perché hanno il compito di svegliare le coscienze e i cittadini dormienti ed egoisti.
L’augurio è che questi giovani non si facciano strumentalizzare, cerchino di capire bene i problemi ambientali, per individuare le vere soluzioni, non quelle demagogiche e inutili che non risolvono niente.
Una responsabilità primaria ce l’ha la classe dirigente, detta della società civile, perché non fa adeguata pressione su quella politica e burocratica, in modo da redigere progetti ed esecuzioni efficaci in tempi ragionevoli. E altra responsabilità grave ce l’ha la maggioranza silenziosa.
Basta silenzi, occorre farsi sentire con voce forte e chiara.