WASHINGTON D.C. – Migliaia di persone si sono riunite ieri a Washington per manifestare dissenso in merito alla visita del premier israeliano Benjamin Netanyahu, dichiarandosi contrari al suo discorso al Congresso degli Stati Uniti. Tra le numerose richieste dei manifestanti spiccavano quella di un cessate il fuoco nella guerra in Medio Oriente, che si unisce ad un ulteriore coro unanime legato al rilascio degli ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre e alla fine degli aiuti militari da parte degli Stati Uniti.
Quella andata in scena ieri è stata la madre di tutte le manifestazioni pro-Palestina che si sono svolte in questi ultimi mesi. La missione americana del premier israeliano ha creato una enorme mobilitazione. Proprio per questo risulta necessario fare una suddivisione di questo evento in due volti. Il primo riguarda il raduno iniziale in cui oltre ai manifestanti erano presenti anche i familiari israeliani degli ostaggi di Hamas, giunti nella capitale degli Stati Uniti per chiedere la liberazione. A questi si sono uniti i palestinesi che vivono in America e hanno perso i loro familiari durante il conflitto in Medio Oriente.
Durante il raduno era già chiaro che quella andata in scena ieri sarebbe stata una mobilitazione intensa. Un manifestante ha evidenziato l’importanza di mettere fine ad una guerra che ha sconvolto le vite di numerosi civili: “Siamo venuti a Washington perché non vogliamo questa guerra di criminali. Dobbiamo difendere i diritti umani, io vivo da anni in questa città ma oggi ho deciso di schierarmi con i palestinesi e con il loro diritto alla vita. Non vogliamo alcuna distruzione, non vogliamo nessun genocidio”.
Il raduno iniziale è avvenuto all 3rd Street North Avenue, a pochi passi da Capitol Hill, dove dalle 11 in poi i primi presenti hanno iniziato a chiedere l’arresto di Netanyahu per crimini di guerra, affermando di essere indignati del fatto che il premier israeliano sia stato invitato a parlare al Congresso: “Io penso che Netanyahu sia un criminale di guerra – afferma un altro manifestante -. Non capisco perché ha ottenuto il permesso di entrare in questo Paese. Ha le mani sporche di sangue, ha fatto un sacco di cose malvagie e sappiamo tutti che oggi è qui perché nel suo Paese non ha più alcun sostegno politico”.
Il secondo volto di questa manifestazione è all’insegna della violenza. I manifestanti dopo aver fatto il giro di tutto il perimetro di Capitol Hill, si sono recati di fronte alla DC Union Station e hanno iniziato a dare fuoco ai numerosi manichini che raffiguravano Benjamin Netanyahu con le mani sporche di sangue. Altri manifestanti si sono scagliati contro la polizia e sono stati arrestati e altri ancora hanno iniziato ad imbrattare tutti i monumenti della città. Come accade spesso in eventi del genere, c’è sempre una percentuale di delinquenti che finiscono per oscurare un raduno con ben altri principi.
Oggi per la capitale degli Stati Uniti è tempo di fare la conta dei danni, mentre Benjamin Netanyahu, chiuso tra le mura istituzionali del Congresso, è stato protagonista di un discorso scontato e risaputo (le bozze erano uscite tre giorni prima). E intanto fuori regnava il caos.
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