Editoriale

“Vinceremo la guerra”, la balla di Zelensky

Sembra di assistere al teatro delle burle quando sentiamo dire all’attore comico-presidente dell’Ucraina: “Vinceremo la guerra”. Non si capisce se scherzi, se finga o se creda in una balla colossale come quella esclamata.
Infatti l’Ucraina non può mai vincere la guerra contro la Russia, perché obbiettivamente ha un arsenale bellico cento volte inferiore, i suoi uomini al fronte sono stati decimati e non ha come supplirli con nuove forze. Le risorse finanziarie da parte degli Stati amici dell’Occidente continuano a diminuire e con esse le armi.

Il nostro Paese, giusto per fare un esempio, per decisione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha scelto di continuare a sovvenzionare l’Ucraina, ma non di inviare armi.
Dal quadro descritto non si capisce come Zelensky possa affermare che il piano di pace da lui preparato sarà realizzato nel 2025. Questo piano prevede che l’armata russa si ritiri dentro i confini anteguerra; come dire che Putin abbia scherzato fino a ora e abbia speso decine e decine di miliardi per un’azione inutile.

Solo l’orbo, che non vede nulla, potrebbe pensare che un piano di questo genere possa avere la minima possibilità di vedere la luce. Per fortuna i suoi maggiori alleati, cioè gli Stati Uniti, ad appena una ventina di giorni dal fatidico voto del 5 novembre – che vedrà l’elezione di Kamala Harris o Donald Trump come quarantasettesimo/a presidente degli Usa – hanno preparato un piano ben diverso di cui si hanno notizie lapidarie, ma indicative.

Il documento in questione prevede che il cessate il fuoco per fermare le ostilità lasci la situazione dei confini così com’è. È un piano chiamato “Corea”, per richiamare quello che avvenne tra il 1950 e il 1953 quando vi fu la guerra fratricida fra coreani del Sud e coreani del Nord, ove tutto si spense senza alcun trattato di pace, che prese atto nel nuovo confine ubicato nel trentottesimo parallelo.
Al di là di questo, a Sud e a Nord sono stati poi costruiti apparati di difesa importanti, ma le due forze armate da allora non si sono più scontrate e di fatto hanno rispettato questa pace non scritta, il che ha lasciato andare avanti la dinastia Kim nel Nord e la Repubblica della Corea del Sud.

Vi sono stati altri che hanno proposto piani di pace. Per esempio quello di trasformare l’Ucraina in una sorta di Svizzera, vale a dire un Paese neutrale che faccia da cuscinetto fra Oriente e Occidente europei. Se Zelensky l’avesse accettato, avrebbe fatto rifiorire il suo Paese, avrebbe evitato i disastri ambientali (metà di quel è stato distrutto) e soprattutto avrebbe evitato le enormi sofferenze alla sua popolazione, che non vive più, ovvero vive nei rifugi, lavora con grande fatica, non ha una vita normale e prega tutti i santi della propria religione ortodossa affinché tutto questo finisca al più presto.

Peraltro, lo stesso Zelensky al suo interno ha forti ribellioni. Lo dimostra il fatto che inizialmente ha buttato fuori dal Parlamento decine di deputati dell’opposizione, un fatto fortemente deprecabile, e successivamente ha destituito vertici militari e capi di amministrazione: insomma, tutti coloro che non rispondevano ai suoi ordini fatti in obbedienza e ossequio ai suoi padroni statunitensi.

Bene fa Giorgia Meloni a confermare l’appoggio dell’Italia al popolo ucraino e altrettanto bene fa vietando l’invio di armi. Non vi è dubbio che appena cessata la guerra, in quel Paese si precipiterà l’Occidente per ricostruirlo in grande parte, con la conseguenza che vi saranno massicci investimenti e quindi si creeranno lavoro e attività economiche di ogni genere, necessarie per rivitalizzare una nazione che ha subito gravissimi danni da una guerra insensata, la cui colpa è del presidente-dittatore Putin, ma anche dell’attore comico Zelensky, il quale avrebbe fatto meglio a continuare questo mestiere anziché farsi eleggere presidente dell’Ucraina.

Dobbiamo rimarcare infine i gravi danni alle economie europee che questa guerra ha provocato, danni dovuti alla scriteriata decisione di applicare le sanzioni alla Russia, che per quel Paese non hanno sortito alcun effetto, ma per noi europei hanno rappresentato una grande iattura, soprattutto per quelle economie già vacillanti come quella dell’Italia.