Oltre 170 aziende esaminate e 32 vini premiati con le “Quattro Viti”, di cui sei riconosciuti come “Gemme”. Sono i numeri che emergono dallo screening sulla produzione vinicola siciliana fatto dai sommelier siciliani aderenti all’Ais, l’associazione degli assaggiatori con il maggior numero di iscritti a livello nazionale.
Un’accurata selezione raccolta, anche quest’anno, nella Guida ai Vini di Sicilia che verrà presentata sabato 27 gennaio all’hotel San Paolo Palace di Palermo in una non stop di quasi 12 ore tra talk show, masterclass e banchi di degustazione. Saranno questi i canali di un viaggio polisensoriale nell’attuale migliore produzione vitivinicola regionale.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI
Oltre a illustrare i contenuti dell’annuale strumento divulgativo cartaceo in vendita, che, fanno sapere dall’associazione, ha richiesto un lavoro sinergico durato quasi un anno tra sommelier, redattori di settore e responsabili di eventi che ha coinvolto circa 180 aziende di tutte e 9 le province siciliane, per un totale di circa 1030 vini diversi degustati, questa rassegna enologica che quest’anno giunge alla sua quarta edizione, darà anche occasione ai professionisti dell’assaggio di interagire con il pubblico. E di discutere sui dati attuali del vino siciliano imbottigliato, nonché sulle panoramiche e le attese su come questo settore si appresta a affrontare i mercati nel corso di un anno che si annuncia promettente. Un quadro in parte emerso dalla conferenza stampa di inizio settimana.
“In generale la Sicilia del vino attira e coinvolge, è uno dei pochissimi settori realmente in progress nell’economia regionale – spiega Luigi Salvo, delegato AIS di Palermo – Anche se c’è ancora molto da fare, lo dimostra il costante aumento dell’imbottigliato e la tenuta dei marchi siciliani nel mercato”. Il riferimento del sommelier va in particolare ai riscontri attuali del mercato: poco meno di 110 milioni di bottiglie, una quantità quasi triplicata dalla fondazione del consorzio di tutela 13 anni fa. Numeri potenzialmente incrementabili di molto: bizze climatiche, e capacità dei viticoltori di fronteggiarle, permettendo.
“Nella sua alta problematicità causata dall’avvicendarsi di piogge e ondate di caldo, che ha ridotto pesantemente la quantità di uve raccolte, l’ultima vendemmia si è caratterizzata per risultati a macchia di leopardo sul fronte della qualità – aggiunge Salvo -. Da una parte quelli decisamente positivi per i viticoltori che curano la vigna con metodo convenzionale e sono stati capaci di tamponare tempestivamente la diffusione di peronospora e oidio per mezzo di fungicidi; dall’altra il crollo registrato dalle aziende che praticano la viticoltura biologica, senza quindi ricorrere alla chimica”.
In ogni caso, il 2024 si apre con un quadro produttivo promettente, soprattutto per i bianchi. Il cui capofila ormai indiscusso è il Grillo, negli anni diventato, dopo l’intuizione del produttore marsalese Marco de Bartoli, un vino iconico in termini di facilità di beva, piacevolezza e storicità. I numeri della sua crescita sono eloquenti: dai 2 milioni di bottiglie prodotte nel 2015 arriva oggi a superare i 20 milioni di bottiglie, grazie anche all’utilizzo dell’erga omnes, cioè la possibilità di prendere decisioni sul disciplinare di produzione di vini Doc Sicilia anche per i produttori non iscritti, senza passare dal ministero. Sempre tra i vitigni a bacca bianca seguono il Cataratto, che adesso si preferisce chiamare Lucido, scelta dei produttori che negli anni probabilmente aiuterà questo vitigno a ottenere risultati commerciali migliori.
“Si producono eccezionali vini catarratto, soprattutto da vigneti situati in altitudine sulle Madonie, i Nebrodi e le pendici dell’Etna – specifica Salvo – E lo steso vale per i bianchi dell’Etna e i blend internazionali, piuttosto richiesti all’estero”.
Fanno al momento più fatica i vini rossi. Il Nero d’Avola resta sempre il leader dei vini isolani e, per quanto inflazionato negli anni, a detta degli operatori del settore merita di essere rilanciato costantemente in termini di comunicazione. Sono sempre i numeri a parlare chiaro: e quelli di questo vitigno a bacca nera, diventato autoctono in Sicilia dopo esservi stato introdotto dai colonizzatori Greci, indicano ben 49 milioni di bottiglie, provenienti in particolare dalle province di Agrigento, Palermo, Trapani e Caltanissetta, che costituiscono insieme l’86% del vigneto regionale. Un dato quasi 10 volte superiore alla produzione complessiva di rossi e bianchi dell’Etna, che oggi orbita sui 5milioni di bottiglie.
Sempre tra i rossi crescono gli apprezzamenti per il Perricone, vino però di esigua produzione, mentre aumenta l’imbottigliato del Frappato: non solo quello di Vittoria, zona d’elezione di questo vitigno, ma anche la sua produzione con il marchio Doc Sicilia che fa totalizzare crescenti quantità di questo vino dalle cantine del trapanese. Lo stesso vale per la produzione del Nerello Mascalese, che va oltre quella delle pendici dell’Etna.
Tornando all’evento Ais di sabato, gli approfondimenti tematici riguarderanno vari vini siciliani: i vitigni minori, il catarratto, il carricante, due verticali, come quella sul Caro Maestro di Cantine Fina (vino di taglio bordolese dedicato dall’azienda marsalese al grande enologo Giacomo Tachis) e un’altra sul Nero d’Avola vinificato dalla cantina Morgante.
“Un iter a tutto tondo nel cuore dell’enologia della nostra regione che ci ha portato a recensire nella guida 171 aziende siciliane, di cui circa 110 saranno presenti sui banchi d’assaggio – dice presidente regionale di Ais Sicilia, Francesco Baldacchino – Avremo inoltre 5 masterclass, nonché, a inizio giornata, un talk show iniziale, intitolato Next Generation, di padre in figlio, in cui 5 coppie di familiari a capo di rispettive aziende si confronteranno sul rilancio del vino siciliano”.
“Dai feedback sui risultati vendemmiali del 2023 che ci arrivano da enologi, produttori e distributori – continua Baldacchino – è certo che i 110 milioni bottiglie quest’anno non verranno affatto confermati. I risultati qualitativi sono però stati in alcuni casi eccezionali. Evitando sbilanciamenti a favore di un vitigno e di un territorio in particolare, va detto che a innalzarsi è il livello qualitativo di tutte le doc isolane, dalle più blasonate a quelle più piccole”.
In parallelo con la parola d’ordine dei produttori di imbottigliare ancora di più il vino siciliano, i sommelier lavorano per accogliere sempre più allievi nei corsi delle rispettive associazioni: oltre all’Ais, nata nel 1965, ci sono l’Onav, la più antica d’Italia (attiva da 73 anni) e la Fisar, fondata nel 1972. Realtà che oggi formano decine di nuovi sommelier ogni anno. “Figure professionali eterogenee – conclude Luigi Salvo – Si va dal produttore di vino, all’enologo, dall’agronomo al ristoratore, passando per il giornalista di settore che sente il bisogno di più solide basi culturali sul vino”.
Un ruolo, il loro, di fondamentale cerniera tra produttori e consumatori. E oggi, di comunicazione specialmente nell’ambito dell’enoturismo, voce strategica per promuovere la Sicilia come destinazione d’alta fascia in tutte le stagioni.