ROMA – La violenza sulle donne ha diverse sfaccettature, ma non è sempre e solo una questione di botte. Una di queste, infatti, è quella economica. Meno mediaticamente più discussa, ma in realtà sempre più diffusa.
La gestione familiare viene da sempre lasciata in mano alle donne per quanto riguarda l’accudimento dei figli e/o la gestione della casa, ma il denaro, no. A loro è impedito di conoscere il reddito familiare, di avere una carta di credito o gestire il proprio denaro contante. Si controllano loro i movimenti e le spese.
Non solo, c’è anche chi nega loro il diritto al lavoro. Una condizione che, in Sicilia pesa ancora di più.
In Sicilia le donne che nel 2021 sono andate a lavorare, secondo i dati Istat e i dati provinciali di offerta lavoro, sono il 37,2% del totale dei lavoratori. In termini assoluti, si parla di 596 mila donne, un numero certamente positivo, se si pensa che nel 2020 tale numero si fermava a 468 mila, ma che non basta.
Il Consiglio nazionale del Notariato e Banca d’Italia hanno presentato il bilancio di un anno del progetto dedicato alla formazione giuridico-finanziaria delle donne in condizione di fragilità sociale: 14 incontri pubblici in tutta Italia, con il coinvolgimento di circa 120 associazioni che si occupano di tutela delle donne, centri Anti Violenza e corpi intermedi e altrettanti in programma nei prossimi mesi.
L’iniziativa “Donne e cultura finanziaria – Conoscere per Proteggersi” rappresenta l’occasione per ribadire la necessità di continuare l’azione di sensibilizzazione sugli strumenti economici e giuridici di tutela delle donne e della propria autonomia, per fornire loro la conoscenza necessaria a prevenire gli abusi, agevolare la loro partecipazione al mondo del lavoro e contribuire a realizzare una vera parità di genere.
I numeri su donne, cultura finanziaria e violenza economica evidenziano che questi casi sono trasversali alla società. Nel 2020, sempre secondo l’Istat ma questa volta parliamo di dati nazionali, 15.837 donne si sono rivolte ad un centro antiviolenza e il 37,8% lo ha fatto per violenza economica.
Secondo una ricerca condotta da Episteme dal titolo “Le donne e la gestione famigliare” nel 2019, quasi il 40% di donne italiane non possiede un proprio conto corrente e la percentuale arriva a toccare il 100% per chi ha un basso livello di scolarizzazione.
Nello specifico, spulciando la ricerca emerge che la situazione si aggrava per le donne che hanno interrotto gli studi dopo la scuola dell’obbligo: l’assoluta maggioranza di loro non possiede un proprio conto corrente, ma si serve di quello del proprio compagno o del proprio marito. Invece, coloro che hanno conseguito una laurea sono titolari di un conto nominativo nell’83% dei casi.
I casi di violenza economica – secondo lo sportello ‘Mia Economia’ di Fondazione Pangea – sono vissuti da donne di ogni classe e livello di reddito e riguardano principalmente la fascia d’età tra i 40 e i 60 anni.
A questo proposito la Regione Sicilia proprio qualche settimana fa, sul gong di questa legislatura, ha approvato l’avviso pubblico a sportello per finanziare il “reddito di libertà“ da destinare alle donne vittime di violenza, con l’obiettivo di sostenerle in un percorso di indipendenza economica ed emancipazione da contesti difficili e a volte di degrado o intraprendere, se possibile, un’attività di impresa.
La misura è stata pubblicata dal dipartimento regionale della Famiglia e delle politiche sociali ed è diretta ai Comuni che, in sinergia con i Centri antiviolenza o con le strutture di accoglienza ad indirizzo segreto iscritte all’Albo regionale, vogliono avviare un progetto personalizzato in favore delle donne vittime di abusi e maltrattamenti, anche con figli minori o disabili, per favorirne l’indipendenza economica, l’autonomia abitativa, l’occupabilità o la creazione di un’attività di impresa.
Tra le spese ammissibili il contributo al pagamento del canone di affitto per abitazione o attività lavorativa, l’acquisto di attrezzature, arredi, materie prime, le spese di allaccio per le utenze, le polizze assicurative, le licenze, i permessi, le autorizzazioni. Le risorse sul capitolo prevedono una disponibilità di 234.364,52 euro fino ad esaurimento dei fondi. Potrà essere richiesta una somma annua non superiore a 10 mila euro per ciascuna donna. Il numero di domande che ciascun Comune potrà presentare è indicato nell’avviso; i Comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore a 30 mila abitanti potranno presentare fino a 5 progetti personalizzati.
Un genere di iniziativa, questa che tende a contrastare anche la disparità di genere economica e finanziaria, anche se c’è ancora molto da fare e siamo solo all’inizio.