Giustizia

Violenze in carcere, Cartabia, “Tradita la Costituzione”

Un video – risalente il sei aprile 2020 e pubblicato in esclusiva dal quotidiano Domani – mostra chiaramente le manganellate e i calci ai detenuti, uno dei quali in carrozzina, costretti a restare in ginocchio con le mani sulla testa e la faccia rivolta al muro. Con gli agenti della Polizia penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel Napoletano, che creano corridoi umani per costringere i detenuti a passarci in mezzo subendo botte e spintoni.
E tutto questo per “punirli” di aver protestato appresa la notizia della positività di un detenuto.

Tradimento della Costituzione

“Un tradimento della Costituzione – ha commentato la ministro della Giustizia Marta Cartabia -, un’offesa e un oltraggio alla dignità della persona dei detenuti e anche a quella divisa che ogni donna e ogni uomo della Polizia penitenziaria deve portare con onore, per il difficile, fondamentale e delicato compito che è chiamato a svolgere”.

Marta Cartabia ha chiesto approfondimenti sull’intera catena di informazioni e responsabilità, a tutti i livelli, che hanno consentito quanto accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, e un rapporto a più ampio raggio anche su altri istituti, sollecitando un incontro con gli undici provveditori regionali dell’Amministrazione penitenziaria, che il Dap sta già organizzando.

“Sono state immediatamente disposte – ha annunciato il Ministero – le sospensioni di tutti i cinquantadue indagati raggiunti da misure di vario tipo. Il Dap sta valutando ulteriori provvedimenti anche nei confronti di altri indagati, non destinatari di iniziative cautelari, e ha disposto altresì un’ispezione straordinaria nell’Istituto del casertano, confidando nel pronto nulla osta dell’Autorità Giudiziaria”.

“Pestati per ore”

Dopo oltre un anno ha ancora paura e rivive quelle scene di “violenza assurda”, come se fossero accadute poche ore fa.

“Mi hanno ucciso di mazzate – ha raccontato un ex detenuto del carcere di Santa Maria Capua Vetere -, dal primo piano al seminterrato sono sceso con calci, pugni e manganellate. Non lo scorderò mai”.

L’uomo è stato tra i primi a denunciare quanto avvenuto il sei aprile del 2020 nell’istituto dove secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, quasi trecento agenti della Polizia penitenziaria avrebbero pestato per quattro ore, arrivando a vere e proprie torture, altrettanti detenuti del Reparto Nilo, che il giorno prima avevano protestato dopo che si era diffusa la notizia della positività al Covid di un recluso.

Otto in carcere

Per questi episodi a cinquantadue tra ufficiali e sottufficiali della Polizia penitenziaria in servizio quel giorno nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, sono state notificate dai Carabinieri le misure cautelari emesse dal Gip, su richiesta della Procura, per i reati tortura, maltrattamenti, depistaggio e falso.

Otto sono finiti in carcere e diciotto ai domiciliari, mentre ventitré, tra cui il provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone, sono stati sospesi.

I sindacati di Polizia penitenziaria protestano

Negando l’evidenza del contenuto delle immagini, il segretario generale del sindacato degli agenti della penitenziaria Spp, Aldo di Giacomo, si è detto “certo” che “il sei aprile 2020 non vi fu alcun uso sproporzionato della forza, e che il Tribunale del riesame ristabilirà la verità”. E in una nota il sindacato Osapp si è detto preoccupato per la “campagna mediatica contro gli agenti, con tanto di nomi e cognomi pubblicati sui quotidiani”. Contro la “gogna mediatica” anche il Sappe, che annuncia esposti al Garante della privacy e all’Ordine dei giornalisti.

La voce delle vittime

C’è poi la voce delle vittime, impaurite (poche quelle che hanno parlato).

“Non potevo non denunciare – ha confessato un ex detenuto -, ma altri compagni non lo hanno fatto perché ancora dentro, in balia degli agenti. A oltre un anno di distanza ho però ancora paura. Fu una cosa assurda, mai vista. Ci hanno pestato per ore, facendoci spogliare, inginocchiare, qualcuno si è fatto la pipì addosso, a qualcun altro furono tagliati barba e capelli. Il giorno dopo ci hanno fatto stare in piedi non so per quanto tempo vicino alle brande, come fossimo militari”.

“Un’orribile mattanza”

Racconti simili su quella che il Gip Sergio Enea, nel provvedimento di arresto, ha definito “un’orribile mattanza”, sono giunti anche da un altro detenuto, le cui parole sono contenute proprio nell’ordinanza cautelare.
Si parla del “corridoio” creato dagli agenti nel quale i detenuti passavano e prendevano botte da ogni parte.

“Ci hanno costretto a metterci in ginocchio con la faccia al muro – ha raccontato – dopodiché hanno iniziato a picchiarci, soprattutto con manganelli. Chi provava a voltare lo sguardo verso gli agenti veniva colpito al volto. Ricordo che gli agenti formavano una sorta di corridoio umano, in mezzo ai quale eravamo costretti a passare subendo schiaffi, pugni e manganellate”.