“La voce delle donne” è la nuova rubrica mensile del Quotidiano di Sicilia e Qds.it dedicata alla questione di genere. A parlare dell’iniziativa il vicedirettore Raffaella Tregua a Radio Studio Centrale, con Melania Tanteri e Franco Riccioli.
ASCOLTA QUI L’INTERVENTO DEL VICE DIRETTORE RAFFAELLA TREGUA
Femminicidi, stalking, gaslighting, ghosting, discriminazioni sui luoghi di lavoro e persino nel linguaggio utilizzato dai giudici all’interno dei tribunali e dai media. Le donne che subiscono violenza, nelle sue molteplici forme, sono tantissime e i casi di cronaca dimostrano come non sia per loro così semplice uscire dall’incubo che vivono. Ma quali sono le loro reali difficoltà?
Alla pagina dell’edizione cartacea del Quotidiano di Sicilia dedicata alle donne – in uscita l’ultimo sabato del mese – si affianca la nuova sezione sul sito web del giornale dedicata alla questione femminile.
La voce delle donne nasce per informare le vittime di tutte le opportunità per uscire dalla situazione di violenza, per contribuire al cambiamento culturale in favore dell’emancipazione femminile, per spiegare come distinguere le relazioni sane da quelle pericolose, per accogliere e diffondere le denunce anonime di coloro che hanno deciso di rinascere, per suggerire occasioni di realizzazione professionale che possano consentire l’indipendenza economica. Tutto questo anche grazie al contributo di due professioniste – la psicologa e psicoterapeuta Laura Monteleone, e l’avvocato penalista Maria Teresa Cultrera – e agli interventi di alcuni testimonial (nella prima puntata l’onorevole Maria Laura Paxia) che guideranno le donne verso un percorso di consapevolezza.
“I reati da Codice rosso si possono prevenire, comprendendo quali siano i loro sintomi e segnali, e sapendo che è possibile essere assistiti da un avvocato gratuitamente se non si ha la possibilità di retribuirlo – spiega il vice direttore Raffaella Tregua -. E anche dal punto di vista psicologico, rivolgendosi alle tante associazioni di volontariato attive in questo campo, come ‘Non Una Di Meno’. Noi abbiamo iniziato parlando di un percorso consapevole per far capire che, alla fine di questo tunnel, la luce c’è”.
Il più delle volte a cadere nella rete della violenza sono le donne forti, che provano a fuggire dall’aggressore ricevendo un pressing ancora maggiore: “Quando si vive una situazione di stalking, di aggressioni verbali, si vive guardandosi le spalle sempre per la paura che possa accadere qualcosa – continua il vice direttore -. I meccanismi della mente sono incredibili e si può finire per dubitare delle proprie stesse emozioni e sensazioni, per essere isolati dal proprio nucleo familiare e dal proprio gruppo di lavoro. Allora la solitudine diventa terrore e il terrore angoscia. Ma è possibile uscirne, e noi cerchiamo di fornire tutti gli strumenti per farlo”.
A parlare un linguaggio violento non sono soltanto gli aggressori. Nelle motivazioni delle sentenze di loro condanna, emesse dai giudici, sono spesso presenti “bizzarre” giustificazioni del movente del reato commesso, come il “raptus” e la “gelosia”. E ci sono poi le descrizioni minuziose delle dinamiche dei femminicidi diffuse dai media e dai canali social, che diventano per alcuni un modello da emulare e che passano silenziosamente sotto gli occhi attenti dei minori.
“La voce delle donne” è dunque anche una fonte didattica che insegna a prestare attenzione al linguaggio da utilizzare, a riflettere sugli effetti che le azioni possono comportare. Prossimamente, un prezioso vademecum sarà scaricabile da tutti i lettori.
Nel contenitore, la possibilità di intervenire in modo del tutto anonimo, tramite video o testo scritto, per raccontare la propria esperienza in totale sicurezza. Perché esiste un amore sano, fatto di rispetto, fiducia, parole gentili e sentimenti negativi espressi in modo costruttivo. E la denuncia di tutto ciò che rappresenta il suo contrario può essere un’arma potente per agevolare le vittime nella loro empancipazione, per invitare al coraggio tutte coloro che rimandano da tempo questa decisione.
“Crediamo nell’effetto farfalla e abbiamo immaginato di poter battere le nostre ali per diffondere nuova consapevolezza – conclude Raffaella Tregua -, anche fosse per una sola persona”. (iz)