La Sicilia è una regione che spende mediamente di più rispetto alle altre in welfare, ma i risultati di questa spesa non danno l’esito sperato dal momento che gli indicatori sociali sono agli ultimi posti nazionali.
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Questo è un dato che si evince da un rapporto chiamato “Welfare Italia Index 2023” che è stato pubblicato da un think tank nato su iniziativa del gruppo Unipol in collaborazione con The European House – Ambrosetti.
Uno studio, disponibile sul sito Welfare Italia che è basato su 22 Key Performance Indicator che misurano dimensioni di input, ovvero indicatori di spesa (pubblica e privata) in spesa sociale che raffigurano quante risorse sono allocate in un determinato territorio (ad esempio l’ammontare allocato tramite Fondo Sanitario Nazionale in relazione al totale della popolazione regionale o l’assegno pensionistico medio degli over 65) e dimensione di output, ovvero indicatori strutturali che rappresentano il contesto socio-economico in cui si inserisce la spesa in welfare (ad esempio il tasso di disoccupazione o la quota di famiglie in povertà).
E così se si analizzano gli indicatori della spesa si nota come la Sicilia ottenga un punteggio di 77,8 posizionandosi all’undicesimo posto. In particolare, la Regione si colloca al secondo posto per spesa pubblica per consumi finali per l’istruzione e la formazione (6,3% del PIL vs 4,2 di media nazionale). La Sicilia risulta al secondo posto anche per spesa pubblica per le politiche del lavoro – impiegando il 3,9% del PIL regionale, rispetto al 2,8% della media italiana – e per importo medio di Reddito e Pensione di Cittadinanza (610 euro vs 510 euro di media).
La Sicilia si classifica al diciassettesimo posto per quanto riguarda la spesa in interventi e servizi sociali, che si attesta a 82 euro pro capite, a fronte di una media italiana di 158 euro, segnando così un peggioramento rispetto al 2022, anno in cui si trovava in quindicesima posizione.
Relativamente agli indicatori strutturali, la Sicilia totalizza un punteggio pari a 45, posizionandosi al diciannovesimo posto. La Regione registra un miglioramento in ambito sanitario, posizionandosi al tredicesimo posto per efficacia, efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria rispetto al quindicesimo posto dell’anno precedente.
In termini di mercato del lavoro, la Sicilia si colloca all’ultimo posto in Italia per la quota di giovani tra i 15 e i 34 anni che né studiano né lavorano (i cosiddetti NEET – Not in Education, Employment or Training), con il 36,4% rispetto al 19,5% della media nazionale, ma anche per tasso di part-time femminile involontario (indicatore % dell’esclusione delle donne nel mercato del lavoro) pari al 24,6% rispetto al 17,1% della media nazionale.
Si posiziona, inoltre, al ventesimo posto per tasso di disoccupazione della popolazione con più di 15 anni (16,6% vs media nazionale dell’8,1%), per tasso di dispersione scolastica (pari al 18,8% vs 10,4% di media nazionale) e per numero di cittadini inattivi (61,3% vs 50,8% di media nazionale).
Una ricerca che parte da una considerazione: in Italia, il welfare è la principale voce di spesa pubblica con 623,1 miliardi di Euro (il 63,2% della spesa pubblica) includendo in questo perimetro i 3 pilastri “tradizionali” (sanità, politiche sociali, previdenza) e l’Istruzione, con un aumento di oltre 1,4 punti percentuali rispetto al 2009. Spendere al meglio queste risorse dovrebbe essere un obbietivo prioritario.
Nei dati comparati a livello europeo, relativi al 2021, la componente previdenziale assorbe circa la metà delle risorse: il 48,5% della spesa sociale totale. Segue la spesa sanitaria (21,7%), quella in politiche sociali (18,0%) & la spesa in istruzione (11,8%). Rispetto al 2019, il peso relativo della previdenza ha subito la maggiore variazione al ribasso (-2,2 punti percentuali), seguita dall’istruzione (-0,5 punti percentuali). Al contrario, registrano un aumento le politiche sociali (+2,6 p.p. rispetto al 2019) e la sanità (+0,2 p.p. rispetto al 2019), riflettendo gli effetti degli interventi introdotti per contrastare gli impatti della pandemia.
Il confronto europeo conferma lo sbilanciamento della spesa dell’Italia sulla componente previdenziale: l’Italia è infatti il primo Paese tra i Big-4 europei per incidenza della spesa in previdenza rispetto al PIL (16,9%, rispetto ad una media del 12,8% dell’Eurozona). Al contrario, l’Italia si trova ultima sia con riferimento al valore dell’istruzione (che incide solo per il 4,1% del PIL italiano, rispetto ad una media dell’Eurozona pari a 4,7%) che a quello delle politiche sociali (6,3% del PIL italiano, contro una media dell’Eurozona pari a 8,1%).