Editoriale

Zelensky il cagnolino, piano di pace a Biden

A Cernobbio l’ex attore comico e attuale “dittatore” dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha comunicato che il prossimo novembre porterà il piano di pace al presidente degli Stati Uniti, che potrebbe essere: o Biden, formalmente ancora in carica fino al 20 gennaio 2025, oppure uno dei presidenti eletti, ma non ancora in carica, cioè Harris o Trump.

Il suo comunicato è sembrato molto strano, in quanto non si capisce la ragione oggettiva per la quale una nazione in guerra debba sottoporre il piano di pace al presidente degli Stati Uniti e non a un comitato internazionale che possa mediare con l’avversario, in questo caso il “dittatore” Putin.
A pensar male si fa peccato…, sosteneva Andreotti. Per cui dovremmo pensar male che fin dall’inizio della guerra lo stesso Zelensky è stato gestito da Biden: ante il 24 febbraio 2022 ha agitato il panno rosso davanti a Putin per indurlo all’invasione, ove il panno rosso significava la richiesta di adesione all’Ue e, peggio, alla Nato.

Putin non potrà mai accettare che la Nato entri anche in Ucraina, perché significherebbe essere circondato dalle armi occidentali. Per questa ragione, ma non certamente la sola, egli ha eseguito un piano preordinato già da tempo e cioè la conquista delle quattro regioni ucraine, dopo aver annesso nel 2014 la Crimea.
Nella guerra – che sta avendo drastiche conseguenze anche per l’Italia – è stata coinvolta l’Unione europea e quasi tutti i leader – a eccezione di Orban e qualche altro – fedeli agli Stati Uniti, che hanno accettato di seguire la linea guerrafondaia.

Ricordiamo ancora una volta che era pronto il piano di pace dopo appena quindici giorni dall’invasione, consistente nella cessione di un pezzo di territorio ucraino alla Russia, il che sarebbe stato il male minore rispetto all’attuale distruzione di mezzo Paese e le enormi sofferenze del popolo ucraino.
Non vi è dubbio che bisogna difendere i principi di indipendenza dei popoli e quindi sotto questo profilo condanna assoluta all’azione di Putin e difesa assoluta dei diritti del popolo ucraino. Però bisogna essere anche realisti, come si usa dire: più realisti del re. Cioè bisogna soppesare le conseguenze di ogni azione.

Giordano Bruno per difendere le sue idee preferì il rogo; Galileo Galilei per difendere la sua vita preferì abiurare una verità. Differenti punti di vista di cui va presa nota.
La fase successiva, dicevamo, è stata quella della guerra a tutto campo. Ma dato che l’Ucraina non disponeva di adeguate armi, né di adeguata preparazione tecnologica su tutti gli strumenti digitali che ora servono per fare le guerre, sono intervenuti sia gli Stati Uniti che gli Stati europei per fornire armi, tecnologia e soprattutto formazione.

Tutto ciò non poteva bastare per evitare, ripetiamo, la distruzione di mezza Ucraina. Era nei fatti. Conseguentemente Zelensky si è fatto guidare in un’insana guerra per difendere un principio assolutamente vero, ma facendosi distruggere il Paese.

Ora si dovrebbe aprire la terza fase, quella da cui è cominciata questa analisi, e cioè quella della pace, la quale non può che vertere sulla cessione di un pezzo del territorio ucraino. Ecco che così, come il gioco dell’oca, siamo tornati al 24 febbraio 2022.

Gli effetti collaterali di enorme portata di questa guerra sono stati subiti dagli Stati europei e soprattutto da quelli più deboli, come Italia, Grecia e Spagna.
L’enorme aumento del costo dell’energia, poi ridimensionatosi, ha avuto un effetto implacabile sull’economia di questi Paesi, con l’inflazione alle stelle, e ora i riflessi si vedono anche sull’ex locomotiva d’Europa, la Germania, che quest’anno rischia addirittura di andare in recessione. Un disastro non solo per la stessa Germania, ma anche per quei Paesi che vi esportano componenti e semilavorati di ogni genere, come per esempio l’Italia, che fornisce pezzi per l’industria automobilistica.
Zelensky, oltre che al piano di pace, ha annunciato che porterà un piano per la ricostruzione dell’Ucraina. Ma chi finanzierà questa ricostruzione? Gli Usa della Harris o quelli di Trump? E poi l’Ue avrà risorse per finanziarlo? Ne dubitiamo, perché anch’essa è in declino e non ha risorse.
La situazione è in evoluzione, ve ne daremo conto.