Nobiltà e inutilità dei Club service

In Italia vi sono decine di associazioni di servizio, liberamente costituite ai sensi dell’articolo 18 della Costituzione, alcune delle quali denominate Club service.
Servizio a chi? Ovviamente ai cittadini, deboli e bisognosi, che non ce la fanno ad avere una vita dignitosa, per tante malattie che affliggono il corpo sociale del Paese, e soprattutto quello dell’Italia meridionale
Leggendo gli scopi di ognuna di esse, non si può che convenirne, e ancor più d’accordo si è quando si scorrono le regole etiche alle quali si dovrebbero improntare le azioni dei propri soci-volontari.
Tali associazioni dovrebbero integrare l’azione delle Istituzioni dei tre livelli (statale, regionali e locali) quando dimostrano insufficienza, come accade nei nostri tempi.
La loro azione si definisce di sussidiarietà orizzontale, vale a dire affiancamento di pezzi della società all’attività che le Istituzioni dovrebbero svolgere. Diversa è la sussidiarietà verticale, prevista dall’articolo 118 della Costituzione, che si può sintetizzare in una breve frase che rende immediatamente l’idea.

Faccia la Regione quello che non fanno i Comuni; faccia lo Stato quello che non fanno le Regioni. Cioé, un intervento ad adiuvandum, o in sostituzione, quando gli Enti locali o le Regioni non provvedono a soddisfare, in tutto o in parte, i bisogni dei cittadini.
Le associazioni di servizio (definirle umanitarie è pleonastico e superfluo, perché certo non servono le piante o gli animali) hanno proprio una funzione di sussidiarietà.
Essa va esercitata in almeno due direzioni: la prima, svolgere attività sul territorio, in modo che i cittadini abbiano benefici dalla loro funzione di volontariato. La seconda, collaborare con le Istituzioni di ogni livello. Collaborazione che può estrinsecarsi nel fare, in modo addizionale; o nel pungolarle, quando esse sono insufficienti o incapaci di soddisfare tali bisogni; o, ancor meglio, svelare i retroscena dei giochetti dei responsabili portando all’opinione pubblica, senza peli sulla lingua, tutto quello che nascondono, o fanno male, o non fanno affatto.

 
Qualche giorno fa ho assistito, da cronista, ad un Congresso nazionale di una di tali associazioni che è collegata a un’organizzazione internazionale. Ho subito notato alcuni elementi positivi: avere portato a Taormina, luogo del Congresso, duemilacinquecento persone che hanno riempito alberghi, ristoranti e negozi. Un’iniziativa meritoria che andrebbe ripetuta continuamente se i sindaci dei 390 Comuni siciliani, anziché pensare agli affari propri (non tutti) si dessero da fare, anche consorziandosi, per attirare convegni e congressi da tutto il mondo, creando così eventi ed iniziative attraenti.
Un secondo elemento positivo è stato il tentativo di produrre alcuni disegni di legge regionali su due elementi molto importanti: il rischio antisismico e la sussidiarietà orizzontale.
Dopo di che, per obiettività e completezza, dobbiamo elencare alcuni elementi negativi.
Un primo riguarda l’eccesso di formalismi e rituali fuori dai tempi, che forse rallegrano alcuni partecipanti, ma annoiano mortalmente la maggioranza di essi. Quando è stata annunciata una sessione per distribuire medagliette e apprezzamenti dalla sala si è elevato un buuuuu.

Un secondo riguarda l’assenza di discussioni relative ai gravissimi problemi che pesano sulle spalle degli italiani e, segnatamente, su quelle dei meridionali.
Riflettevo a voce alta con alcuni partecipanti come fosse anacronistico e fuori dai tempi trascorrere quasi tre giorni riuniti in un congresso senza affrontarne due o tre e senza formulare ordini del giorno ed altri atti programmatici, con lo scopo di intervenire presso le Istituzioni nazionali e locali.
Nessuno ci dica che questi non sono compiti di un’associazione di servizio, perché se così facesse dimostrerebbe l’ignoranza degli scopi per cui esse sono nate. Ma vi è di più: le regole etiche impongono di occuparsi, nella massima misura, del supporto a tutte le fasce dei ceti medio-bassi mediante soluzioni istituzionali.
I Club service possono essere nobili o inutili a seconda dei risultati che conseguono, non delle vuote discussioni.