Rischio idrogeologico, la Sicilia cade a pezzi

Per salvare la Sicilia non ci sono fondi (o ce ne sono pochissimi) per mettere in sicurezza il territorio né tantomeno si manifesta l’impegno dei sindaci o delle Istituzioni per favorire uno sviluppo urbanistico più adatto a una realtà complessa e pesantemente esposta al rischio idrogeologico.
 
 
I dati del dipartimento urbanistica della Regione siciliana dicono che i tre condoni (1983, 1994, 2003) hanno prodotto circa 770 mila abusi inflitti al suolo per una media di 30mila istanze all’anno. Tra il 2011 e il 2012 ci sono stati 7022 gli abusi certificati per poco meno di 1,5 milioni di metri cubi. Assieme alla crescita abusiva esistono anche i permessi di costruire regolari: nel 2010 i dati Istat evidenziano in Sicilia una domanda di 6,7 milioni di metri cubi (regolare) a fronte di un avanzamento illegale di 462.780 mc.
 
 
E i siciliani non si fermano davanti a nulla, nemmeno se ci sono le tipologie di vincolo più delicate come quelle sul rischio idrogeologico, sismico o paesaggistico (la vicenda è attualmente al centro dibattito a causa di una sentenza del Cga, se ne parlerà ampiamente nell’edizione cartacea del Qds di domani). A preoccupare ulteriormente è anche la tipologia di vincolo più facilmente elusa dai siciliani. “La maggiore parte della volumetria abusiva – si legge nel report della Regione – risulta realizzata nelle zone sottoposte ai vincoli sismico e idrogeologico, (il più diffuso) nell’intera Regione”. A livello regionale si registra una volumetria abusiva complessiva di 423 mila metri cubi realizzata nelle aree sottoposte a vincolo idrogeologico e sismico.
 
 
I comuni non riescono a controllare questi fenomeni e soprattutto a ripristinare i luoghi, anche perché non ci sono fondi a sufficienza. Sulla base delle informazioni fornite dai Responsabili degli Uffici Tecnici Comunali, nel 2012 ci sono state 1.211 ordinanze di demolizione e rimessa in pristino (pari al 39,1%) per 3097 abusi registrati. Provvedimenti senza seguito: gli accertamenti di ottemperanza sulle ordinanze di demolizione sono stati appena 98 (0,8%) mentre le immissioni in possesso e trascritte al Pubblico registro sono state appena 7.
 
 
A febbraio partirà un progetto nazionale che si chiama #DissestoItalia, webdocumentario multimediale dedicato al rischio idrogeologico che nasce da una partnership tra alcune realtà della società civile (Associazione nazionale costruttori italiani, Consiglio nazionale degli architetti, Consiglio nazionale dei geologi e Legambiente) con i giornalisti indipendenti di Next New Media. “L’idea – si legge sulla pagina fb del gruppo – è di raccontare cos’è oggi il rischio idrogeologico in Italia, cosa significa e come governarlo. Di partire da qui per capire come rendere più sicure città e paesi. E come tutelare il nostro territorio e anche il nostro patrimonio culturale”.
 
 
Ieri sul profilo del gruppo è apparso “un assaggio in due minuti del nostro viaggio di tre mesi lungo l’Italia tra problemi e soluzioni per capire cosa significa vivere con il dissesto idrogeologico e come possiamo uscirne”. Di seguito l’anteprima che potete trovare anche a questo link. Per il video completo bisognerà attendere il 6 febbraio.
 
 

#DissestoItalia – Il trailer from #DissestoItalia on Vimeo.