Rischio idrogeologico, la Sicilia cade a pezzi - QdS

Rischio idrogeologico, la Sicilia cade a pezzi

Rosario Battiato

Rischio idrogeologico, la Sicilia cade a pezzi

giovedì 30 Gennaio 2014

Le tragedie del territorio non fermano gli abusivi. Sicilia impreparata all'emergenza e intanto si continua a costruire legalmente e illegalmente. Il 6 febbraio il webdocumentario #DissestoItalia racconterà la fragilità del territorio italiano.

Per salvare la Sicilia non ci sono fondi (o ce ne sono pochissimi) per mettere in sicurezza il territorio né tantomeno si manifesta l’impegno dei sindaci o delle Istituzioni per favorire uno sviluppo urbanistico più adatto a una realtà complessa e pesantemente esposta al rischio idrogeologico.
 
 
I dati del dipartimento urbanistica della Regione siciliana dicono che i tre condoni (1983, 1994, 2003) hanno prodotto circa 770 mila abusi inflitti al suolo per una media di 30mila istanze all’anno. Tra il 2011 e il 2012 ci sono stati 7022 gli abusi certificati per poco meno di 1,5 milioni di metri cubi. Assieme alla crescita abusiva esistono anche i permessi di costruire regolari: nel 2010 i dati Istat evidenziano in Sicilia una domanda di 6,7 milioni di metri cubi (regolare) a fronte di un avanzamento illegale di 462.780 mc.
 
 
E i siciliani non si fermano davanti a nulla, nemmeno se ci sono le tipologie di vincolo più delicate come quelle sul rischio idrogeologico, sismico o paesaggistico (la vicenda è attualmente al centro dibattito a causa di una sentenza del Cga, se ne parlerà ampiamente nell’edizione cartacea del Qds di domani). A preoccupare ulteriormente è anche la tipologia di vincolo più facilmente elusa dai siciliani. “La maggiore parte della volumetria abusiva – si legge nel report della Regione – risulta realizzata nelle zone sottoposte ai vincoli sismico e idrogeologico, (il più diffuso) nell’intera Regione”. A livello regionale si registra una volumetria abusiva complessiva di 423 mila metri cubi realizzata nelle aree sottoposte a vincolo idrogeologico e sismico.
 
 
I comuni non riescono a controllare questi fenomeni e soprattutto a ripristinare i luoghi, anche perché non ci sono fondi a sufficienza. Sulla base delle informazioni fornite dai Responsabili degli Uffici Tecnici Comunali, nel 2012 ci sono state 1.211 ordinanze di demolizione e rimessa in pristino (pari al 39,1%) per 3097 abusi registrati. Provvedimenti senza seguito: gli accertamenti di ottemperanza sulle ordinanze di demolizione sono stati appena 98 (0,8%) mentre le immissioni in possesso e trascritte al Pubblico registro sono state appena 7.
 
 
A febbraio partirà un progetto nazionale che si chiama #DissestoItalia, webdocumentario multimediale dedicato al rischio idrogeologico che nasce da una partnership tra alcune realtà della società civile (Associazione nazionale costruttori italiani, Consiglio nazionale degli architetti, Consiglio nazionale dei geologi e Legambiente) con i giornalisti indipendenti di Next New Media. “L’idea – si legge sulla pagina fb del gruppo – è di raccontare cos’è oggi il rischio idrogeologico in Italia, cosa significa e come governarlo. Di partire da qui per capire come rendere più sicure città e paesi. E come tutelare il nostro territorio e anche il nostro patrimonio culturale”.
 
 
Ieri sul profilo del gruppo è apparso “un assaggio in due minuti del nostro viaggio di tre mesi lungo l’Italia tra problemi e soluzioni per capire cosa significa vivere con il dissesto idrogeologico e come possiamo uscirne”. Di seguito l’anteprima che potete trovare anche a questo link. Per il video completo bisognerà attendere il 6 febbraio.
 
 

#DissestoItalia – Il trailer from #DissestoItalia on Vimeo.

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