Province fuorilegge e spendaccione

PALERMO – “Articolo 15: le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione siciliana. L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
Fantapolitica? No, stiamo solo citando lo Statuto di Autonomia della Regione siciliana del 1946. Mai applicato. Anzi, 40 anni dopo mortificato dalla legge regionale n. 9 del 1986, per intenderci quella che ha generato la figura istituzionale della Provincia regionale. Una figura i cui costi annui sono stati stimati vicino al miliardo di euro.
Solo nella Sicilia Occidentale, per esempio, sommando i totali delle uscite elencate nei bilanci consuntivi 2008 delle Province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta, si arriva alla considerevole cifra di oltre 381 milioni di euro.
Alla luce di questo dato, vogliamo fare un gioco estremamente suggestivo. Proviamo a moltiplicare questa cifra per i 63 anni intercorsi da quando un’Assemblea regionale molto più lungimirante dell’attuale aveva votato per una diversa composizione degli enti provinciali – che in realtà dovrebbero essere subordinati ai Comuni – e che già un secolo fa l’allora sindaco di Milano, Emilio Caldara, considerava “Buoni solo per i manicomi e per le strade”. Se moltiplichiamo 381 milioni per 63 anni otteniamo la bellezza di 24 miliardi di euro. E stiamo parlando solo di mezza Sicilia!
E pensare che quasi alla vigilia del Natale scorso, l’opportunità per poter rivedere la composizione delle nove Province siciliane ci fu. Questi i punti salienti della proposta di legge portata allora in Commissione Affari istituzionali della Regione da Lillo Speziale, del Pd, presidente della Commissione Antimafia: “Articolo 1: le Province regionali sono soppresse; Articolo 2: le loro funzioni sono trasferite ai liberi Consorzi di Comuni istituiti a norma dell’art. 15, comma 2, dello Statuto della Regione. Nelle more di tale istituzione, esse sono trasferite ai Comuni, ricompresi nella soppressa provincia, che le eserciteranno in forma singola o associata”.
Come andò a finire? Su tredici membri della Commissione, i presenti erano otto. Tra di loro, i quattro esponenti del Pd hanno votato per l’abolizione, i quattro della maggioranza contro, e tra questi vi era il presidente Riccardo Minardo, il cui pronunciamento valeva doppio.
Insomma, chi aveva fatto campagna elettorale dichiarando di voler eliminare le province, di fatto, alla fine le ha salvate. E tutto questo mentre ancora il leader del PdL, Silvio Berlusconi, dichiarava ai giornali: “L’abolizione delle Province è parte del mio programma”.
Parole. Dietro le quali ci stanno gli uomini, e le poltrone sulle quali sono seduti, anzi incollati. E poco importa che l’esempio degli altri Paesi europei ci induca a ritenere un vero e proprio spreco di denaro pubblico l’esistenza di queste istituzioni intermedie. La Casta sembra proprio non poterne e non volerne fare a meno. Quale dunque l’obiettivo di questo approfondimento? Lungi dal credere che l’informazione possa ormai incidere direttamente sulle decisioni prese nelle “stanze dei bottoni”, ancora una volta il Quotidiano di Sicilia si rivolge direttamente ai cittadini siciliani, anzi ai “contribuenti” siciliani, con la solita trasparenza e quell’attenzione alle fonti e alle cifre che ne qualificano da anni l’operato, per metterli a parte di quanto viene loro sottratto, annualmente e suddiviso Provincia per Provincia, per mantenere questi enti privi di identità e poveri di competenze. E lasciare agli stessi lettori la possibilità di farsi un’opinione in proposito, e riflettere sulle anomalie del sistema. La prima parte della nostra inchiesta prenderà in considerazione i bilanci consuntivi 2008 delle province della Sicilia Occidentale, mentre nei prossimi giorni ci occuperemo del costo delle province orientali.