Nel nostro Paese non c’è l’abitudine alla prevenzione. In un altro versante, il nostro territorio va a pezzi proprio perché non si effettuano opere in modo sistematico per contenerlo e curarlo. Con la conseguenza che i disastri derivanti costano da cinque a dieci volte di più rispetto a un’opera preventiva. Questo accade perché l’emergenza è continua. Dovendosi fronteggiare, non restano risorse umane e finanziarie capaci di fare progetti di medio e lungo termine, con cui anticipare gli eventi negativi che si potrebbero verificare.
Tutto, o quasi, è prevedibile. Bisogna avere la capacità di guardare avanti, nonché onestà e bravura che consentano di percorrere una strada dritta, senza deviazioni, interamente al servizio dei cittadini.
Prevenire è meglio che curare, dice un vecchio saggio. Vale per la salute delle persone, per quella dei cittadini e dell’intera Comunità. Ma quanti sono disposti a fare per prevenire? Quante pubbliche amministrazioni impostano i loro programmi pluriennali per fare crescere civiltà, economia e occupazione?
Quasi tutte vivono giorno per giorno e non hanno la forza morale di guardare l’indomani e il dopodomani.
La responsabilità degli scarsi risultati contro i due cancri è nelle leggi e nelle procedure. Le prime sono artatamente complicate per consentire interpretazioni anche diametralmente opposte. La certezza del diritto è una balla. Non c’è certezza del diritto perché per la stessa fattispecie vi possono essere sentenze opposte. Non c’è certezza del diritto perché le sentenze arrivano molto oltre la ragionevole durata dei processi, che l’Unione europea ha fissato in un massimo di tre anni.
E poi vi sono le procedure. Complicate, lunghe, che fanno perdere tempo (volutamente) e consentono arbitrii.
Mi riferiva un matematico che leggi e procedure potrebbero essere razionalizzate e semplificate con degli algoritmi. Questo metodo sta per essere adottato per la determinazione delle rendite catastali degli immobili. Non si capisce perché non possa essere utilizzato anche per tagliare le procedure, rendere comprensibili le leggi e diminuire le distanze fra sentenze emesse per gli stessi fatti, dal principio alla fine.