L’Economist ha incoronato l’Italia “Paese dell’anno 2021”. Ed in effetti sono tante le battaglie vinte nel corso dell’anno che stiamo per lasciarci alle spalle grazie alla diffusione dei vaccini e grazie ad una gestione dell’emergenza pandemica che è diventata a livello internazionale modello virtuoso da imitare.
“Abbiamo dimostrato responsabilità nel contenere il contagio e incisività nell’investire con coraggio e determinazione sulla ripartenza – ha detto qualche giorno fa la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, intervendo al Quirinale nel corso del tradizionale scambio di auguri tra le Alte Cariche istituzionali -Tanti sono i bisogni e le istanze da tutelare, ma due sono le questioni prioritarie su cui concentrare il nostro intervento. Da un lato, il superamento di una situazione emergenziale che ormai si protrae da quasi due anni. Dall’altro lato, la stabilizzazione del percorso di crescita economica e la definizione del modello di sviluppo del post Covid-19”.
Dunque, c’è ancora tanto fare. E la cosiddetta stagione della ricostruzione, come l’ha giustamente definita il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, è appena iniziata. Siamo chiamati alla prudenza, alla responsabilità ma servono anche scelte coraggiose per un’inversione di rotta delle dinamiche economiche e sociali innescate dalla crisi.
Ha ragione la deputata siciliana di Forza Italia, Stefania Prestigiacomo, quando dice che la parte più difficile ci attende l’anno prossimo “quando saremo chiamati a realizzare riforme che valgono 40 miliardi di euro: riforma della concorrenza, riforma fiscale, appalti”.
“Grande è quindi la sfida – ha proseguito Prestigiacomo – che siamo chiamati ad affrontare, e governo e Parlamento hanno il dovere di lavorare celermente per raggiungere gli obiettivi prefissati”.
La ripresa, intanto, è in corso e a dircelo sono i dati ufficiali: l’Istat prevede una crescita del Pil italiano del 6,3% nel 2021 e del 4,3% nel 2022. Secondo gli economisti si potrebbero recuperare i livelli pre-Covid già entro la metà del prossimo anno ma il recupero dei ritmi di crescita pre-pandemici è rimandato, nel nostro scenario, al 2024.
Dunque, ottimismo sì ma anche estrema cautela: troppe ancora sono le incertezze che potrebbero condizionare le dinamiche della ricostruzione post-pandemica che ruoterà attorno a questo grande paracadute lanciato dall’Unione europea che si chiama Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza).
Non sorprenda che quest’ultimo, come rivela l’Osservatorio Pa, risulti sconosciuto al 28% degli italiani, nonostante sia al centro del dibattito nazionale ormai da mesi, dal momento che i suoi effetti non si vedranno nell’immediato.
“La sfida principale – ha spiegato il presidente del Consiglio Mario Draghi – è quella di far aumentare il tasso di crescita strutturale della nostra economia. Il Pnrr è centrale per questa strategia”.