In qualunque organismo, in qualunque organizzazione, deve essere presente il valore del merito. Esso è stato recentemente scoperto come una novità, mentre prima dell’era del famelico avvento di un ceto politico corrotto (ci riferiamo al 1980 e anni successivi) esso era ben presente nella comunità nazionale.
In base a tale valore, in qualunque struttura vige la regola: “Il migliore cresce, l’ultimo esce”. Traduciamo: è indispensabile che chiunque metta nel proprio lavoro capacità, competenze, abnegazione e spirito di sacrificio consegua risultati e, per essi, debba essere premiato. Quindi, il migliore cresce.
Per contrapposto, chi è fannullone, infingardo o non ha capacità, derivanti dalla mancanza di voglia di produrre risultati esce.
Si tratta della selezione che c’è in natura e che solo la distorsione di menti umane malate, corrotte e clientelari pone in atto per raggiungere fini privati.
La maldicenza, la gelosia, l’invidia, sono disvalori frequenti in strutture non organizzate ove non c’è come punto di riferimento un codice morale. E questo imbarbarisce i rapporti.
Se l’Italia è un Paese malato e arretrato lo deve alla mancanza di competitività, cioè alla mancanza di concorrenza. Essa è l’elemento principale della competizione, che consiste nel mettere sullo stesso piano tutti coloro che partecipano a una gara sportiva, sociale, professionale o imprenditoriale.
Alcuni liberisti dicono che il mercato regola tutti i rapporti. Niente di più falso e niente di più vero. Il mercato regola i rapporti in maniera equitativa se vi sono regole che tutti debbono osservare, il cui controllo è ferreo, dal quale nessuno sfugge.
Se invece nel mercato si annida il virus del privilegio, cioè di oligopoli, monopoli – sia pure pubblici – esso non funziona più in modo equo e, per conseguenza, viene meno la possibilità per i bravi di andare avanti, mentre si vedono superati dai raccomandati.
In questa fase, in cui le riforme sono indispensabili, è altrettanto indispensabile che a monte di ciascuna di esse vi sia l’incipit nel quale si affermi il principio morale del merito al quale va aggiunto quello che lo completa: la responsabilità.