Società

Aborto e medici non obiettori, il ddl “scomodo” bussa alle porte dell’Ars

Il 28 settembre si celebra la Giornata dell’Aborto Sicuro. Tematica che fa emergere il dibattito sulla corretta applicazione della legge che regola l’aborto, la 194 del 1978. In Sicilia circa l’86% dei medici è obiettore di coscienza e non pratica nelle strutture sanitarie pubbliche l’aborto volontario. Da qui l’urgenza di un disegno di legge che regolamenti le assunzioni di personale medico non obiettore nelle Aziende sanitarie siciliane.

Il primo dei proponenti è il deputato regionale del PD Dario Safina, che ci fa il punto sull’iter all’Ars del Ddl.

Ddl aborto all’Ars, l’iter

“Ho sollecitato la Commissione Sanità per l’inserimento all’Ordine del Giorno del ddl – spiega il deputato trapanese -. Il presidente ha assicurato che lo inserirà. Ho la piena coscienza che si tratta di un tema scomodo, che creerà discussioni accese, qualcuno proverà anche ad affossarlo. Ma continuiamo a spingere affinchè vengano presentati gli emendamenti necessari e venga approvato”.

Il ddl Aborto intende intervenire sull’effettiva applicazione della legge 194/78. Ma come? “L’elemento fondamentale è l’obbligo per le Asp di assumere personale non obiettore nelle unità operative semplici garantendo in particolare l’interruzione volontaria di gravidanza all’interno di Ginecologia e Ostetricia. Se un giorno diventasse obiettore non potrà restare in quell’unità – specifica Safina -. Non vuole essere una legge che stimola ad abortire ma vuole attuare la legge del ’78 partendo dalle strutture necessarie per supportare le donne in questo travagliato percorso”.

I dati siciliani

Le strutture siciliane pubbliche hanno le più basse percentuali nella pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza e la carenza di personale sanitario non obiettore determina un consistente carico di lavoro per i medici non obiettori in servizio.

“Non è una norma che vuole catturare il disappunto dei cattolici o degli antiabortisti – specifica l’onorevole Safina -. L’aborto è previsto dalla legge. Siamo pronti a recepire tutta una serie di contributi per implementare i consultori, dobbiamo evitare i traumi dell’aborto. Il tutto senza aggravio economico”.

La Regione in materia ha margine di intervento. Lo conferma anche l’ex assessore trapanese: “La competenza legislativa c’è, non c’è rischio di impugnativa. L’assunzione di personale sanitario pubblico è di competenza della Regione”. Lo stesso chiarisce come sul disegno di legge in questione verrà avviato un confronto con tutti gli attori coinvolti – Ordine dei Medici, associazioni al femminile, Asp – quando l’atto verrà rimesso all’OdG.

Centri e specialisti dicono “sì” al Ddl

Il confronto è già molto atteso, come si intuisce nelle parole della dottoressa Anna Caliò, specialista in Medicina Interna e Sessuologia Clinica, che i consultori li conosce bene.

“Una donna se vuole abortire, non sempre può farlo nella propria città. Se prendiamo il territorio trapanese, deve recarsi al Consultorio della Cittadella della Salute del capoluogo di provincia, affrontare l’iter del certificato di ripensamento e poi eventualmente l’aborto volontario che viene effettuato in ospedale con un ricovero di 2 giorni più il controllo post-intervento. Ciò comporta per le donne un via vai di alcuni giorni e un dover giustificare, in famiglia, i continui spostamenti. Questo mina la sua privacy, molte donne che scelgono di abortire non lo fanno a cuor leggero, non vogliono farlo sapere per tanti motivi, come nel caso di violenze”, ci dice la dottoressa Caliò che definisce il ddl “… un’ottima proposta innanzitutto perché dal ’78 ad oggi non abbiamo fatto molti passi avanti rispetto all’epoca delle ‘mammane’. La legge era nata per aiutare le donne e i bambini in contesti di difficoltà familiari”.

Il medico rassicura sul fatto che non si tratta di istigazione all’aborto: “Prima di prendere la strada dell’aborto volontario, la paziente viene informata su quello che l’attende. La figura del ginecologo è importante in questo, deve parlare con la paziente, deve sapere perchè vuole farlo e capire se non ci sono altre soluzioni. Va detto che non tutte vogliono portare avanti una gravidanza per poi adottare”.

E qui subentra un altro problema, quello delle liste d’attesa. “I tempi sono troppo ristretti. Dal certificato di ripensamento all’aborto passano 20 giorni e si può praticare per legge entro i 3 mesi. Ecco perché ci vuole più personale non obiettore e più strutture disponibili, perché non tutte le donne oggi possono accedervi, è più facile per chi va nel privato a pagamento”, conclude la dottoressa Caliò che ricorda: “Con ciò non si vuole intaccare le idee diverse sul tema etico. L’importante è non fare del terrorismo. Non si sente e non si vede nulla durante l’aborto, lo garantiamo noi medici”.

Sì al ddl anche da parte dei Centri Antiviolenza. La Presidente di “La Casa di Venere” Francesca Parrinello evidenzia l’urgenza di avere nei reparti e nei consultori medici non obiettori di coscienza: “Negare l’aborto volontario alle donne è un’ulteriore violenza al suo diritto di autodeterminazione così come non riconoscere un servizio adeguato, un sostegno adeguato alle donne, uniche protagoniste di questa difficile scelta. Esse spesso passano in secondo piano assieme al loro bambino, prima viene il pensiero del medico”.