“Il recupero della disponibilità di risorse idriche negli invasi siciliani, dovuto anche alle consistenti piogge dell’ultima primavera, ci consente di guardare alla stagione estiva con serenità. Siamo consapevoli, tuttavia, che occorre non abbassare la guardia. Per questo il governo regionale lavora, fin dal suo insediamento, per risolvere le criticità del sistema di invasamento, per aumentare la capacità delle dighe, per la pulizia dei bacini e per la manutenzione degli impianti di distribuzione”.
Le parole del presidente della Regione, Renato Schifani, ben rappresentano la necessità, per l’Isola, di ottimizzare le risorse idriche, non certo abbondantissime in Sicilia. In particolare di fronte ai sempre più prolungati periodi di siccità. Schifani parla di necessità di “garantire alle città e alle imprese agricole un adeguato approvvigionamento idrico per scongiurare ogni futura emergenza”, evidenziando gli sforzi da parte della Regione per l’aumento dei volumi idrici negli invasi siciliani certificato dal report mensile di giugno 2023 dell’Autorità di bacino.
Una buona notizia di fronte ai dati del Dossier ‘Troppa o troppo poca? L’acqua in Italia, in un clima che cambia’ presentato a Roma, nel corso della 4° Conferenza Nazionale sul Clima promossa da Italy For Climate. Dai quali emerge che, il Sud del Paese in particolare, potrebbe ridursi addirittura del 90%. Sebbene l’Italia sia ancora la terza nazione in Europa per disponibilità di acqua dietro solo a Francia e Svezia, con circa 130 miliardi di m3 disponibili ogni anno, secondo il dossier questo valore si è ridotto del 20% negli ultimi decenni a causa del riscaldamento globale, “la disponibilità potrebbe arrivare a ridursi in breve tempo del 40%, con punte del 90% in alcune aree del Meridione”.
In Sicilia le cose sembrano stare addirittura peggio: secondo i dati diffusi recentemente dall’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Isola è la Regione italiana a risentire maggiormente della riduzione idrica sul territorio con quasi l’80% di perdite dovute anche alla diminuzione delle precipitazioni pari a circa il 20% per quel che riguarda il 2022 che raddoppia se si prende in esame solo la parte orientale dell’Isola.
Le perdite della rete non aiutano di certo. Anzi, in Sicilia si disperde quasi la metà della risorsa idrica disponibile. I dati sono del forniti dall’Istat nell’ambito del “Report Acqua 2022” (basato su dati del 2020) restituiscono plasticamente la portata del fenomeno. A Palermo viene disperso il 49,3% dell’acqua, a Catania il 51,3% e a Messina il 52,4%. Particolarmente significativo il dato di Agrigento, una delle provincie dove il razionamento è una condizione quotidiana, se ne getta alle ortiche il 50,6%, a Ragusa il 45%. Il triste primato spetta però a Siracusa, con un 67,6% da mani nei capelli. A fare meglio, ed è tutto dire, sono Enna e Caltanissetta, che si attestano rispettivamente al 32,2 e 32,5%.
“Siamo oramai entrati in una fase di anormalità climatica permanente – ha dichiarato Andrea Barbabella, Responsabile scientifico di Italy for Climate – che ha già modificato il ciclo dell’acqua, aumentando frequenza e intensità di eventi meteoclimatici estremi. L’Italia, al centro dell’hot spot climatico del bacino Mediterraneo, è un Paese più a rischio di altri, con aumento di temperatura di quasi 3 °C rispetto al periodo pre-industriale, a fronte di una media mondiale di +1,1 °C”.