Agrigento

Agrigento, cerimonia in ricordo del commissario Montana

AGRIGENTO – La Valle dei Templi ha fatto da sfondo alla cerimonia di dedicazione di una stele e di un albero al commissario capo della Polizia di Stato Beppe Montana, funzionario caduto per mano mafiosa il 28 luglio del 1985.

Solo qualche giorno prima, il 25 luglio 1985, Montana e la sua squadra avevano condotto un’operazione portando all’arresto ben otto uomini del capo mafia Michele Greco, riuscito invece a sfuggire alla cattura. Come ritorsione, tre giorni dopo, nei pressi del porto turistico di Porticciolo (Palermo), di ritorno da una gita con la fidanzata e gli amici, due sicari si avvicinarono al commissario freddandolo con una serie di colpi di pistola a distanza ravvicinata.

Il 17 febbraio 1995 la Corte di Assise di Palermo ha condannato i mandanti dell’omicidio del commissario Montana, tra cui Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Lo Stato ha onorato il suo sacrificio con il conferimento della Medaglia d’oro al merito civile e con il riconoscimento concesso a favore dei familiari, costituitisi parte civile nel processo, da parte del Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla Legge numero 512/99.

Il prestigioso evento organizzato ad Agrigento, voluto dall’Accademia Studi Mediterranei presieduta dalla professoressa Assuntina Gallo, ha voluto onorare la memoria del commissario Beppe Montana riconoscendolo tra I Giusti dell’Umanità.

Il questore Tommaso Palumbo è intervenuto alla cerimonia, prima presso la Sala conferenze di Casa Sanfilippo e dopo proprio nel Giardino dei Giusti, luogo simbolo che accoglie il ricordo di tanti eroi italiani, magistrati, poliziotti, carabinieri, giudici che hanno sacrificato la loro vita nell’adempimento del proprio dovere.

La stele dedicata riporta la seguente frase, che racchiude in sé l’essenza dell’uomo e del poliziotto Beppe Montana: “Fedele e valoroso servitore dello Stato che, anche a costo della vita, ha tracciato un percorso di legalità e di impegno quotidiano contro la criminalità mafiosa, in un tempo in cui fare il poliziotto era un atto eroico, si era soli e si lavorava in un contesto ostile, senza mezzi, ‘armati’ solo del proprio coraggio”.