PALERMO – Referendum sul taglio dei parlamentari a settembre, Comuni al voto a ottobre, scuole che aprono e chiudono per la chiamata alle urne, compensi di lavoro straordinario.
La macchina elettorale viaggia spedita, alimentata da tutte le spese pubbliche che occorrono per affrontare i due mesi dedicati al voto, nel mezzo della pandemia che richiede spese per il distanziamento, per le sanificazioni e per tutta la prevenzione da Coronavirus.
Costi pubblici che in Sicilia si sarebbero potuti ridurre, se solo la Regione avesse deciso di puntare su una sola data per i due appuntamenti elettorali. Un’idea che però è stata scartata dal Governo Musumeci, al netto dei bilanci in rosso delle varie amministrazioni siciliane.
Le uscite di denaro sono sostenute dalla Regione e dai Comuni, come si legge sul sito delle Prefetture locali nelle circolari rivolte alle amministrazioni sul regime delle spese. Per fare un esempio, sono accreditate dalla Regione le uscite per gli avvisi agli elettori residenti all’estero; la stampa dei manifesti; le comunicazioni telegrafiche, telefoniche e postali effettuate nell’interesse dell’Ente.
Sono a carico dei Comuni, invece, le spese per la cancelleria; il trasporto, l’installazione delle cabine e del materiale di arredamento, l’illuminazione dei seggi elettorali; le indennità e gli onorari dei componenti degli Uffici di sezione; le spese telegrafiche, telefoniche e postali per la revisione delle liste elettorali; la retribuzione di lavoro straordinario del personale che si occupa del servizio elettorale comunale e di quello aggregato provvisoriamente.
Necessità che, moltiplicate per tutti i centri chiamati al voto, soprattutto in tempi di emergenza Coronavirus, rappresentano una spesa di un certo peso. Basti pensare, giusto per fare un esempio, che il Rendiconto della Regione siciliana dell’esercizio finanziario 2018, alla voce spese correnti per acquisto e servizi riferiti ad elezioni e consultazioni popolari, anagrafe e stato civile, segna la cifra di circa 7 milioni di euro.
Il 4 e il 5 ottobre la competizione elettorale interesserà 61 Comuni che sarebbero dovuti andare al voto nel turno ordinario, dal 15 aprile al 30 giugno, spostato per il lockdown alla prima data utile. La Legge regionale 11/2020 ha rinviato le amministrative al secondo semestre in una data compresa tra il 15 settembre e il 15 novembre 2020, quindi anche la data del 20 settembre sarebbe stata utile per le elezioni siciliane.
Era questa, infatti, la prima data segnata senza criticità nel promemoria di giugno del Dipartimento Autonomie locali destinato alla Giunta regionale. La Giunta Musumeci però non ha tenuto conto del 20 settembre e ha deciso per la terza possibilità indicata nel promemoria: elezioni il 4 e 5 ottobre, con eventuale ballottaggio domenica 18 e lunedì 19 ottobre. I Comuni di Vittoria e San Biagio Platani, sciolti per mafia e con gestione commissariale scaduta ad agosto, dovranno andare a elezioni in un turno straordinario dal 15 ottobre al 15 dicembre.
Sulla mancata opportunità di unire referendum e amministrative del 4 e 5 ottobre in un unico appuntamento elettorale abbiamo chiesto un commento all’assessore alle Autonomie Locali, Bernardette Grasso: “La data del 20 settembre – ha risposto – non è stata decisa da noi bensì dallo Stato, quando a livello regionale avevamo già individuato la data per le elezioni locali. A quel punto, anticipare la medesima avrebbe comportato un ritorno in Aula, rifare le liste e tutto ciò che concerne l’organizzazione di una tornata elettorale. Si è pertanto ritenuto di agire in questo modo, per evitare ulteriori disagi, oltre a quelli già creati dall’emergenza sanitaria”.
Se quest’anno è stato impossibile accorpare le consultazioni elettorali, si spera di riuscirci in futuro con un calendario più agevole, anche per agevolare l’attività dei Comuni. “Credo – ha affermato il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano – che la scelta di fissare la data delle elezioni abbia sempre un valore fortemente politico. Non ho moltissimo da dire quindi sulla scelta in sé. In generale, però, sarebbe sempre meglio unificare risparmiando costi e preservando le scuole e gli Enti locali, in tempi di Covid, da ulteriori disagi”.
PALERMO – Il capogruppo del Pd all’Ars, Giuseppe Lupo, in conferenza dei capigruppo la scorsa settimana ha chiesto un dibattito in Aula sull’apertura delle scuole legata al tema elezioni e all’emergenza da Covid-19. Il confronto si è tenuto mercoledì.
“Al di là dell’aggravio di spese – ha detto Lupo – queste ‘pause forzate’ creeranno disagi agli istituti scolastici, al corpo docente, agli alunni ed alle loro famiglie. È evidente che l’emergenza sanitaria obbliga aduna serie di interventi di sanificazione straordinaria negli istituti, per questo avevamo chiesto in commissione Affari istituzionali di accorpare la data del voto in Sicilia a quella del referendum del 20 e 21 settembre. Il Governo regionale ha detto di no, adesso dovrà spiegare il perché”.
In Aula è intervenuto l’assessore alla Pubblica istruzione e Formazione professionale, Roberto Lagalla: “In considerazione – ha affermato – del non uniforme livello di adeguamento alle linee guida nazionali e regionali, registrato nel tempo, presso gli istituti scolastici della Regione, nonché in considerazione della sostanziale sovrapposizione temporale con la consultazione referendaria, che avrebbe comportato la replicazione a stretto giro delle procedure di sanificazione straordinaria nelle scuole sedi di seggio elettorale, il Governo regionale si è determinato, pur sempre nel rispetto delle singole autonomie scolastiche, ad autorizzare l’apertura degli istituti in un periodo compreso tra il 14 e il 24 settembre, data oltre cui si sarebbe incorsi nel rischio di invalidazione dell’anno scolastico ove quest’ultimo avesse avuto durata inferiore ai duecento giorni imposti dalla normativa nazionale”.
“Né sarebbe stato possibile – ha aggiunto – differire oltre il 9 giugno 2021 la conclusione delle attività didattiche in quanto tale data si pone già a ridosso del calendario nazionalmente fissato per la celebrazione degli esami di Stato”.