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Gli archi della marina e il progetto ‘dimenticato’. “Non è necessario abbatterli, il Comune ci pensi”

CATANIA – È bastato un post del sindaco Enrico Trantino per innescare immediatamente la miccia della polemica social. Gli archi della marina che definiscono lo skyline della città di Catania dal mare potrebbero dover essere abbattuti – anche parzialmente – per consentire una serie di interventi mirati a rivoluzionare il porto etneo, con la creazione di un’area capace di accogliere navi da crociera e una nuova stazione marittima.

Il Piano che rivoluzionerà il waterfront

L’approvazione del Piano che rivoluzionerà il waterfront catanese è attesa nel giro di un anno, ma l’ipotesi avanzata dal primo cittadino ha già diviso la città, tra favorevoli e contrari, con quest’ultimi che sostengono il mantenimento dello status quo. Prima dell’eventuale abbattimento della cinta, come rimarcato dallo stesso cittadino, potrebbe comunque essere previsto un “confronto con la cittadinanza intera”.

Delle modifiche da apportare allo scalo marittimo se ne parla da anni e sono stati differente le ipotesi di intervento immaginate in risposta alle esigenze di una città che rappresenta uno snodo cruciale per il turismo e l’economia nel cuore del mar Mediterraneo.

Il progetto “Catania guarda il mare” ideato nel 2019

Tra questi, vi è il progetto “Catania guarda il mare” ideato nel 2019 dallo studio milanese di architettura Park Associati, vincitore di un concorso d’idee internazionale per il rinnovamento del waterfront della città dell’elefante e che consentirebbe il mantenimento degli archi della marina e una riqualificazione ‘green’ della zona portuale. Un’idea rimasta inspiegabilmente inespressa ma che è tornata a circolare su Facebook proprio in questi giorni attraverso la condivisione di alcune immagini.

“Il progetto del waterfront di Catania era un’opportunità per mettere dei tasselli importanti per la rigenerazione della città e iniziare a studiare, anche a livello progettuale, delle proposte in un’ottica di gradualità degli interventi inerenti a temi nevralgici per la città”, spiega al QdS Filippo Pagliani, co-fondatore, insieme a Michele Rossi, dello studio di architettura.

“Abbiamo cercato di sollecitare il Comune per indire una conferenza stampa e spiegare il nostro progetto, ma la richiesta non ha dato riscontri. Siamo anche venuti a Catania e abbiamo avuto più volte modo di parlare con l’ex sindaco, ma a oggi il progetto non ha riscontrato interesse da parte del Comune. Sembrava ci fossero le condizioni e le intenzioni per fare un progetto di studio, abbiamo addirittura portato il progetto alla Biennale di Venezia per dare rilievo all’intervento ipotizzato nel concept di progetto. Il fatto che oggi torni a galla solo a fronte di una polemica legata agli archi davanti al porto, oltretutto molto localizzata rispetto a quella che era l’estensione del progetto generale, sembra riduttivo rispetto a quanto si era pensato a livello progettuale. Se si vuole iniziare la polemica, c’è uno studio sul quale ragionare, che va oltre la proposta di non abbattere quegli archi”.

“Tra l’altro – fa notare Pagliani -, non sono totalmente originali perché una parte è stata costruita negli anni ‘60. C’è la necessità di allargare il porto per fare entrare le navi? Pensiamoci, scriviamoci, parliamoci. Mi piacerebbe instaurare un dialogo con il Comune o chi deve essere l’interlocutore. Esiste un progetto che è stato approfondito in un concorso internazionale. Ci sono studi scientifici e c’è, secondo me, la possibilità di iniziare a ragionare mettendosi attorno a un tavolo di discussione”.

“Sapendo che c’è già una base di lavoro fatto si può partire ed eventualmente approfondire dei temi. Parliamo di una litoranea lunga 4 km, quella degli archi era solo una piccola parte di una grande analisi territoriale e urbanistica. Ci potrebbero essere le basi per fare dei ragionamenti maturi e non da lite su una piattaforma social che non porta a nulla. Prendo la palla al balzo per lanciare un messaggio al Comune: c’è del materiale di studio, ci sono degli architetti. Iniziamo da questo”.

Ma come si sviluppa il progetto e quali potrebbero essere i benefici per la città di Catania? La spiegazione di Pagliani è chiara: “Il progetto partiva da un’analisi degli elementi di crisi della città, nei rapporti con l’acqua”. Non a caso, “il progetto si chiama ‘Catania guarda il mare’. È una città che nel corso dell’ultimo secolo ha subìto una frattura gravissima data dalla ferrovia, ciò ha fatto che sì che il mare fosse tenuto sempre più distante dal centro storico. Quindi, il ragionamento si è incentrato su come riavvicinare il più possibile la città e suo centro al mare, con una serie di azioni e suggerimenti”.

Il discorso, quindi, è ben più ampio: “C’era anche un processo opposto, perché la città di Catania non ha soltanto il problema di come è stato allontanato il mare, ma anche di come, quando ci sono delle situazioni di crisi rappresentate dalla pioggia, l’acqua proveniente dal centro città fa molta fatica a defluire. A oggi ci sono stati molti casi di allagamenti. Per evitare che si ripeta ciò che è successo nel passato per le improvvise piogge e per l’incapacità della città di far defluire le acque, abbiamo pensato anche a uno studio riguardo a questo”.

“Nel progetto proprio la zona degli archi di cui si parla in questi giorni accoglie una piazza che ha la capacità di riempirsi e svuotarsi in funzione di queste difficoltà. L’area, in base alla progettazione, diventa quindi come un bacino che si può allagare per poi lasciar defluire le acque. E poi una serie di altri ragionamenti lungo la litoranea, per ben 4 km, legati anche all’interramento della linea ferroviaria, l’assetto sul porto… c’erano tanti capitoli del progetto che raccontavano la trasformazione della città a 30 anni con delle attività da intraprendere per modificare il tessuto urbano”.

Il progetto ha una portata molto ampia e guarda anche al futuro

Insomma, il progetto ha una portata molto ampia e guarda anche al futuro. “C’erano degli interventi che si potevano effettuare a breve, mentre altri a lungo termine. Era proprio formulato in questo senso, sulla base di una visione a 30 anni. È una visione con la capacità di poter intervenire subito, a medio e lungo termine. Si tratta di un progetto senza tempo che guarda al di là di una logica politica, ma per la comunità”.

“A distanza di cinque anni, se una Giunta illuminata dovesse riprendere in mano questo progetto e guardarlo rispetto alle necessità di oggi, si renderebbe conto che è assolutamente contemporaneo. I problemi della città sono gli stessi, l’intervento si può fare esattamente com’era stato previsto. Ben venga un discorso, un dialogo nuovo per poter approfondire dei temi specifici. Il progetto è proprio pensato in questi termini. Si possono prendere delle tematiche e approfondirle nell’insieme o in una visione parziale. Sono tanti temi che si possono accendere in momenti diversi”, conclude Pagliani.