Sicilia

Quelle aree interne della Sicilia dimenticate e abbandonate, ecco le mosse per valorizzarle

Potenziamento della viabilità, dei servizi essenziali e definizione dei servizi essenziali minimi, Governo di Area Vasta. Sono alcune delle proposte, presenti nel decalogo che Cgil e Cna regionali hanno presentato a Troina, durante un incontro riguardante le aree interne della Sicilia. Si tratta di zone in cui risiedono oltre due milioni di persone, come è stato evidenziato durante la riunione, ma sempre più marginali, carenti di infrastrutture e servizi essenziali e per questo soggette maggiormente a spopolamento e invecchiamento demografico. Eppure, sono zone di grandi potenzialità, ragion per cui le altre proposte delle organizzazioni sindacali sono rivolte allo sviluppo economico ed imprenditoriale delle suddette aree e in particolare: il potenziamento delle strategie territoriali e l’incremento delle risorse territorializzate; hub dei servizi e dell’innovazione; una fiscalità di vantaggio e incentivi stabili (erede di impresa e maestro artigiano). Le altre proposte sono rivolte a favorire le politiche di cooperazione e alla semplificazione delle procedure amministrative. Sono necessarie, infine, per Cgil e Cna, una strategia di comunicazione nazionale e una Cabina di Regia Regionale.

Aree interne della Sicilia, i dati

Com’è emerso durante la riunione, in Sicilia nel 2021 secondo i dati Openpolis, il 41% della spesa per la viabilità e le infrastrutture è avvenuta nei 10 comuni “poli”, quindi, secondo l’Agenzia per la Coesione Territoriale che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dotati dei servizi essenziali. C’è ancora un grande divario, tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie e chi ne è escluso, il cosiddetto “Digital Divide”. Le aree interne, come sottolineano Cgil e Cna, sono ancora poco “sensorizzate”. La situazione non migliora per quanto riguarda l’istruzione. In generale, nel 2020 un terzo dei meridionali (32,8%), della fascia di età compresa tra i 25 e i 49 anni, possiede al massimo il diploma di terza media (27,6% nel centro nord). Nelle aree interne, nel 2017, le classi sottodimensionate erano il 36,8%, quasi il doppio della media nazionale (20%) e di conseguenza alto il numero delle pluriclassi. Dalle poche opportunità di formazione consegue l’emigrazione della fascia più giovane della popolazione. C’è poi l’emigrazione sanitaria: i ricoveri al di fuori della regione sono il 9,6% di quelli interni (6,2% nel centro nord).

Le dichiarazioni di Pietro Giglione, segretario di Cna Sicilia

Il rappresentante regionale della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa Pietro Giglione, durante l’incontro svoltosi a Troina, ha posto l’accento sulle necessità delle aree interne siciliane. “Da anni – ha sottolineato – chiediamo una strategia politica integrata di investimenti, a partire dalla viabilità; una fiscalità di vantaggio che sostenga le imprese esistenti e ne favorisca l’insediamento di nuove; un potenziamento dei presidi sanitari, in particolare ambulatori e ospedali. Sono questi i punti essenziali su cui fare qualcosa in tempi rapidi. Auspichiamo – ha concluso – la costituzione di un tavolo di confronto tra le istituzioni regionali e le parti sociali per utilizzare al meglio le risorse comunitarie e del Pnrr”.

Necessaria una Cabina di regia regionale

Gabriella Messina, segretaria confederale di Cgil Sicilia è intervenuta ai nostri microfoni.

Quanto tempo sarebbe necessario, all’incirca, per mettere in atto le vostre proposte? C’è un cronoprogramma di interventi?   

“Noi abbiamo stilato un documento congiunto insieme al Cna Sicilia con il quale è stata promossa questa iniziativa. Nel documento inquadriamo il tema delle aree interne e proponiamo un decalogo che non ha una tempistica lunga, nel senso che le proposte andrebbero messe a terra immediatamente. Riguardo alle aree interne ci sono stati due cicli di programmazione: noi qui in Sicilia purtroppo non abbiamo ancora investito i fondi messi a disposizione durante il primo ciclo e dunque la prima questione che abbiamo evidenziato durante l’incontro, al quale erano presenti i rappresentanti degli assessorati interessati alla programmazione sulle Snai, è quella di una cabina di regia regionale che coordini tutte le azioni rivolte allo sviluppo delle stesse zone. E’ necessario integrare le aree interne con tutto il territorio regionale, qualificare l’elemento associativo delle Snai e coordinare le risorse gestite dai singoli assessorati in modo diverso a seconda delle missioni a cui loro accedono. Necessita un coordinamento attuato in sinergia con tutti gli attori presenti nel territorio: comuni, enti del terzo settore, associazioni, mondo del lavoro e mondo delle imprese”.   

Come stanno le aree interne dal punto di vista occupazionale? 

“Durante l’incontro abbiamo fatto tra l’altro il confronto tra il livello di disoccupazione delle aree interne e quello regionale arrivando alla conclusione secondo la quale, anche in termini di occupazione e di accesso al mercato del lavoro, le aree interne sono sicuramente ancora più indietro rispetto agli alti livelli di occupazione, basti pensare all’occupazione femminile e se da una parte la Sicilia è fanalino di coda a livello europeo e a livello nazionale, le aree interne ancora di più scontano questo gap. Quindi è necessario creare una partecipazione attiva e una sinergia che metta al centro la cabina di regia con una serie di proposte che agevolino la crescita delle aree interne come quella della fiscalità di vantaggio, accompagnata da altre agevolazioni ed occorre supportare tutti quegli strumenti e quelle misure che effettivamente possano consentire alle aree interne di essere in sinergia con tutte le altre zone”.

In base a quali fattori è possibile capire quali sono le esigenze delle aree interne?  

“Sono zone in cui la lettura dei bisogni va anche effettuata in relazione alla popolazione che è lì insediata e che è quasi il 40% di quella siciliana; la maggior parte di nostri comuni si trovano nelle aree interne e per la conformazione orografica della nostra regione non possiamo attenerci semplicemente alla individuazione e alla declinazione delle aree interne come viene declinata all’interno delle Snai della strategia nazionale delle aree interne, ma abbiamo la necessità di una nostra lettura regionale ed è necessario mettere a terra una strategia regionale con il coordinamento della cabina di regia perché le risorse sono tante e hanno la necessità di essere investite in una visione che è quella di rendere operative e attive queste zone. Occorre investire le risorse soprattutto per superare i divari sia dal punto di vista economico che sociale e per superare le diseguaglianze”.

Proponete azioni per favorire le politiche di cooperazione tra imprese e filiere corte. In che cosa dovrebbero consistere?  

“In questi luoghi spesso si trovano grandi eccellenze da valorizzare: alla riunione era presente, ad esempio, la rappresentante del Distretto degli orafi e degli argentieri, quindi del settore dell’artigianato. Promuovere le eccellenze in questo comparto significa anche pensare ad un modello di prossimità, ecco perché si tratta di filiera corta. In questo momento, in quei territori, abbiamo la presenza di microaziende con una dimensione piccola e naturalmente affrontano in termini di competitività degli sforzi maggiori rispetto a tutte le aziende che operano in territori sicuramente più infrastrutturati o nelle aree metropolitane. Quindi, abbiamo la necessità di sviluppare reti in cui le imprese e il lavoro abbiano anche una filiera corta e dunque di prossimità. Peraltro, ripartiamo anche dalla circostanza per la quale nelle aree interne esistono grandi tradizioni agroalimentari e anche le filiere agricole diventano importanti da collegare all’artigianato e valorizzare questi settori”.

Parlate di viabilità: quali infrastrutture necessitano in particolare?

“Le infrastrutture che necessitano sono materiali e immateriali. Dobbiamo sviluppare tutti i tipi di infrastrutture partendo da quelle viarie. Per fare un esempio, a Troina dove siamo andati per la riunione, c’era un tratto di strada molto dissestato, io andai già l’anno scorso a Troina e le condizioni erano le stesse mentre in altre parti d’Europa si trovano luoghi sì interni ma molto infrastrutturati, con una infrastrutturazione viaria molto portante, elemento questo che consente di accorciare le distanze. Noi, tra l’altro, abbiamo più volte sottolineato come sia assolutamente non rispondente ai bisogni della Sicilia e dei siciliani il ponte sullo Stretto di Messina quando abbiamo aree interne difficilmente raggiungibili. Abbiamo anche bisogno di infrastrutturazioni digitali ancora di più al giorno d’oggi quando il futuro si chiama intelligenza artificiale, entrerà a far parte della nostra vita quotidiana e rendere sicura questa intelligenza artificiale in zone in cui i sistemi digitali hanno un supporto rete che sicuramente non è ottimale, almeno all’80%, sarà un problema. Banalmente, in quelle zone il telefono non prende dappertutto!”.

Voi proponete una strategia di comunicazione per valorizzare le aree interne. Su cosa dovrebbe puntare a suo avviso?

“Intanto la strategia di comunicazione parte sia dall’infrastruttura sia dal fatto che la comunicazione delle aree interne deve essere volta all’attenzione riguardo alle necessità di quelle zone e deve servire sia ad offrire dei servizi alla popolazione che a rendere le aree interne ancora più visibili all’esterno. Abbiamo tutta una serie di borghi bellissimi che vengono sì inseriti in percorsi turistici, però anche la comunicazione in relazione a quest’offerta all’esterno non sembra ottimale. Parlando ancora di comunicazione, torniamo sempre alla lettura del digitale in quelle aree: minore è la possibilità di raccogliere le informazioni attraverso il digitale in quei territori, minore sarà la possibilità di tornare a comunicare fuori dall’area interna le eccellenze e tutto ciò che c’è da valorizzare negli stessi”.