PALERMO – Settore artigiano tra cadute e rialzi, un comparto che vuole reagire a ‘tutti i costi’. Sono abituati a lottare, ad essere ‘soli contro tutti’: hanno superato le innumerevoli crisi degli anni 2000, ma l’epidemia li ha messi con le spalle al muro con cali di fatturato ed export in discesa. Confartigianato Sicilia ha stilato un report nudo e crudo con la ripresa degli artigiani che corrono più veloci della diffusione del virus.
Inutile dirlo, i dati sono negativi: cali di fatturato tra il 10 e il 50%. Nel 2020 quasi 4 mila le imprese artigiane costrette a chiudere, con 8 mila occupati in meno al terzo trimestre 2020; un export in forte calo, a settembre 2020, con -23,7% dei manufatti made in Sicilia e -13,2% nei settori moda, legno, mobili, metalli, alimentari e altri prodotti manifatturieri.
“La crisi in Sicilia c’è e le nostre imprese artigiane, ormai da un anno, stanno soffrendo. Ma i dati dello studio ci dicono anche che sono proprio le imprese artigiane che stanno reagendo meglio delle altre – dicono Giuseppe Pezzati ed Andrea Di Vincenzo, presidente e segretario regionale di Confartigianato Sicilia. I nostri artigiani hanno avuto il coraggio di investire”. Storie virtuose, ma occorre l’aiuto delle Istituzioni. “Servono ristori sulla perdita di fatturati e senza distinzioni di codici Ateco – aggiungono. Serve un sostegno per le start-up finora escluse da qualsiasi ragionamento. Abbiamo una cassa regionale, la Crias, dove sono bloccati migliaia di euro. C’è un fondo per l’artigianato, si parla di quasi 38 milioni annui, che deve trovare una allocazione per essere erogato. Dove è la politica, ci chiediamo. Dove è il sostegno. Adesso, non possiamo più aspettare”.
Sulla ripresa indipendente delle micro e piccole imprese siciliane, l’Osservatorio prende in considerazione i dati di Unioncamere-Anpal: ripresa nel 38,3% dei casi entro la prima metà del 2021. Si evidenzia, quindi, un recupero più veloce rispetto alle medie (di cui il 24,3% entro sempre la prima metà 2021) e grandi imprese (di cui il 29,0% entro giugno 2021).
Sul fronte prestiti, nell’Isola i dati pubblicati dal Fondo di garanzia mostrano che, al 31 gennaio, le domande arrivate sono 103 mila, di cui il 71,6% per operazioni fino a 30 mila euro. Quali sono state le strategie in risposta alla crisi? Lo studio ci fornisce una risposta chiara sullo scenario – compresa una proiezione fino a giugno 2021: riorganizzazione dei processi e spazi lavorativi (13,7%), riduzione del numero di dipendenti (12,7%), modifica/ampliamento canali di vendita e metodi fornitura e consegna (12,1%), produzione nuovi beni non connessi alla pandemia (11,2%) e intensificazione delle relazioni con altre imprese (7,2%). Investimenti? Ci sono stati, seppur su piccola scala: tecnologie e digitalizzazione (15,4%), capitale umano e formazione (8,8%), sostenibilità ambientale e responsabilità sociale (6,4%). Il Covid-19 ha provocato però un effetto traino per la transizione digitale. È cambiata, ad esempio, la modalità di vendita e distribuzione.
L’osservatorio evidenzia: “È cresciuto il numero delle imprese che effettuano vendite con comunicazione via mail, moduli on-line e/o social network (da 14,9% pre pandemia al 29,9% post pandemia), realizzano vendite dirette mediante sito web (da 9,8% pre pandemia al 20,7% post pandemia), effettuano distribuzione di beni venduti on line con consegne gestite direttamente dall’impresa (da 6,1% pre pandemia a 13,9% post pandemia).
La Sicilia, inoltre, è la prima regione italiana per percentuale di imprese che nel 2020 hanno acquistato servizi cloud (65,1%), quota che sale di 54,8 punti rispetto al 2018 (10,3%). La buona volontà delle imprese isolane è tangibile, occorrono risposte concrete da parte della Politica.