Lavoro

Attività extra degli Asu, la Regione siciliana fa chiarezza

PALERMO – La Regione ha fatto recentemente chiarezza su quanto e come gli Asu, i lavoratori socialmente utili, possono guadagnare con attività extra dal loro incarico all’interno degli Enti in cui svolgono la propria mansione lavorativa. Le precisazioni sono arrivate per definire finalmente in un’unica soluzione i tanti quesiti posti al Dipartimento regionale del Lavoro, dell’Impiego, dell’Orientamento, dei Servizi sociali e delle Attività formative proprio in riferimento alla possibilità di questi lavoratori di arrotondare le proprie entrate mensili.

Stabiliti i tetti massimi per i lavoratori Asu

La lettera è rivolta agli Enti utilizzatori dei soggetti Asu, quindi principalmente i Comuni, e chiarisce come al caso si applica quanto stabilito dal comma 12 dell’articolo 26 del Decreto legislativo 150/2015, il quale rimanda per i soggetti Asu agli articoli 7 e 8 del Decreto legislativo numero 468 del 1997. In particolare, all’articolo 8 sono stabiliti i tetti massimi per la cumulabilità del sussidio con altri redditi.

Nel caso di lavoro dipendente a tempo determinato parziale, il limite è di 600 mila lire mensili (al tempo del decreto c’erano ancora le lire, nda), che corrispondono a 309,87 euro; nel caso di attività di lavoro autonomo occasionale o di collaborazione coordinata e continuativa, il tetto è fissato a 7 milioni 200 mila lire, che corrispondono a 3.718,49 euro lorde, nell’arco temporale di svolgimento del progetto, che può essere assimilato all’anno solare.

L’assegno è, invece, incompatibile con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato con contratto a termine a tempo pieno. In tal caso, l’ente utilizzatore potrà valutare la possibilità di autorizzare un periodo di sospensione delle attività di lavori socialmente utili per il periodo corrispondente, dandone comunicazione alla sede Inps competente per territorio.

Le attività di lavoro autonomo o subordinato non devono in ogni caso andare in conflitto con le attività svolte all’interno dell’Ente utilizzatore, che ne andrà a valutare la compatibilità.

“Alla luce di quanto detto – ha commentato il dirigente generale del Dipartimento, Ettore Foti – si richiamano gli Enti utilizzatori alla necessaria vigilanza nei confronti delle attività svolte dai soggetti Asu di propria competenza”.

Chi voglia svolgere questa attività lavorativa in parallelo a quella socialmente utile, andrà a compilare il modello, predisposto già nel 2017, per richiedere l’autorizzazione allo svolgimento di attività compatibili con la percezione del sussidio; il modello va in parte compilato anche dall’ente utilizzatore, a cui è demandata la vigilanza sulla completezza della compilazione.

La stabilizzazione degli Asu nelle fasi finali

Un problema che dovrebbe essere risolto alla radice, visto il processo di stabilizzazione di questi lavoratori, che sembra ormai essere nelle sue fasi finali, come previsto nell’ultima finanziaria regionale. Gli Asu, distribuiti tra Comuni ed Enti pubblici regionali, resteranno nel bacino di appartenenza con 36 ore settimanali fino al 30 giugno, quindi potranno così scegliere se continuare con il contratto attuale o passare a un contratto a tempo indeterminato a 30 ore settimanali. Se il programma iniziale, infatti, era di proporre la stabilizzazione a 24 ore settimanali, con un emendamento del governo regionale in fase di approvazione della Finanziaria è stato previsto un monte orario di stabilizzazione a 30 ore.

Una storia che parte dagli anni Ottanta del secolo scorso: i lavoratori socialmente utili erano soggetti che si trovavano in uno stato di inoccupazione, inseriti nelle amministrazioni locali a supporto del personale già in servizio, in modo da ricevere una formazione professionale per il reinserimento nel mondo del lavoro. Una lunga storia di proroghe ha fatto sì che da precari gli Asu siano diventati, nei fatti, dipendenti “anomali” degli Enti utilizzatori.