Messina

Barcellona, irrisolti i guai della Casa circondariale

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) – Nulla è cambiato. Anzi, le criticità all’interno della Casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, che più volte il QdS ha messo in evidenza, si sono per alcuni versi acuite.

Limiti organizzativi, carenza di agenti di Polizia penitenziaria spesso oggetto di aggressioni, sovraffollamento e continui tentativi di fuga. C’è poi l’Articolazione per la tutela della salute mentale, l’ormai noto ottavo reparto, settore complesso da gestire, quello in cui costantemente si verificano disordini, atti di autolesionismo e tentativi di suicidio, quello dove emergono tutte le lacune di una norma non completamente attuata e dove sono evidenti le difficoltà di fare convivere le misure di sicurezza con le cure psichiatriche per i ristretti.

Ci sono due istituzioni che sembrano non parlare lo stesso linguaggio: l’Amministrazione penitenziaria che si occupa della custodia e il Sistema sanitario regionale che con l’Asp si occupa della cura con competenze specifiche sull’Atsm. Sono attualmente ospitati circa cinquanta persone provenienti da vari istituti che hanno problemi psichiatrici sopraggiunti in regime carcerario. Non c’è però nessuna linea guida sul numero massimo di ristretti né sulle modalità di accesso. Le persone detenute con patologia psichiatrica vivono chiuse dentro la sezione, mancano le relazioni, l’attività riabilitativa e occupazionale e questo genera spesso reazioni incontrollate che pochi agenti non possono contenere.

L’ottavo reparto è quello che collega il passato al presente del carcere, nato come Opg e nel 2016 riconvertito in Casa circondariale. Il Cosp, Coordinamento sindacale penitenziario, è spesso intervenuto con documenti e note per denunciare i problemi riscontrati nella struttura e chiedere soluzioni. “Il sovraffollamento dei detenuti – ha sottolineato in una nota Letterio Italiano, delegato nazionale della Sicilia della Fs-Cosp, indirizzata al Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria – è divenuto strutturale dopo la conversione. La struttura sembra diventata la ruota di scorta degli Istituti della Sicilia e a nulla è valsa l’esortazione del Prap di Palermo all’Ufficio detenuti di limitare le assegnazioni presso il carcere di Barcellona. In realtà esse si sono moltiplicate, creando condizioni interne intollerabili sia sotto l’aspetto igienico che operativo, considerando che vi sono tre padiglioni che sono chiusi in attesa di ristrutturazione”.

Complessivamente ci sono in questo momento 254 ristretti, compresi quelli dell’ottavo reparto. “L’Istituto barcellonese – ha scritto Italiano – risulta essere il penitenziario dove avvengono con maggiore ripetitività aggressioni al personale di Polizia penitenziaria”. L’ultimo è di martedì pomeriggio, quando un agente è stato colpito alla testa da un oggetto contundente lanciato da un detenuto e ha dovuto fare ricorso alle cure dei sanitari. Nei giorni precedenti un detenuto è salito sul tetto minacciando di buttarsi giù e poi un altro ha dato fuoco a un materasso.

È una cronaca incessante di episodi che indicano come qualcosa all’interno della struttura di via Madia non stia funzionando. “La situazione è ormai alla deriva – hanno aggiunto ancora i sindacati – e quale soluzione ai problemi si è soliti usare provvedimenti disciplinari e penali, e impiegare il personale fino a dodici ore di seguito assegnando a una singola unità anche tre postazioni di servizio per un totale di cento detenuti da sorvegliare contemporaneamente”.

Il Cosp ha mosso critiche circostanziate alla gestione e organizzazione del carcere, sollecitando però anche interventi urgenti. “Occorre – ha concluso Italiano – che le Autorità ministeriali intervengano con la massima sollecitudine avviando un’ispezione interna con l’eventuale avvicendamento di coloro che si rendono protagonisti di irregolarità amministrative e producono evidenti difficoltà nella funzionalità dell’Istituto”.

Al Visag, (organo di vigilanza sull’igiene e sicurezza dell’amministrazione della giustizia) il sindacato ha chiesto una verifica sulle condizioni di lavoro, sia in relazione al rispetto delle norme di sicurezza di impianti e attrezzature, che alle situazioni di stress vissuto dal personale.