Lavoro

Braccianti stranieri tra nero e fuga dai campi

PALERMO – Il Governo ha finalmente messo nero su bianco il decreto Cura Italia, pubblicandolo in Gazzetta Ufficiale n° 70 del 17 marzo 2020, ed ufficializzando le misure a sostegno di filiera produttiva e lavoratori rimasti in prima linea anche durante l’emergenza Covid-19.

All’articolo 30 vengono indicati gli indennizzi che spettano agli occupati del settore agricolo, si parla in particolare di un’indennità mensile di 600 euro per il mese di marzo, erogata da INPS previa domanda, nel limite della spesa complessiva di 396 milioni di euro per l’anno 2020. Sostanzialmente, dunque, fino a disponibilità concreta di fondi.

E’ uno dei provvedimenti che più interessava il settore, ma oggi viene giudicato “palliativo” e in ritardo – in particolare – rispetto un fenomeno scatenatosi con il diffondersi del Covid-19 in Italia, cioè la fuga dei lavoratori stranieri dalle campagne.

Avrebbero lasciato i campi circa 37 mila occupati provenienti da Romania, Bulgaria, Africa per imposizione di quarantena da parte degli stati di provenienza, con un rischio altissimo per la garanzia di circolazione dei prodotti sul mercato nazionale, dei prodotti tipici del Made in Italy. A livello nazionale le associazioni di categoria hanno già evidenziato il fenomeno nelle scorse settimane per le regioni di Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, mentre la Sicilia sembra solo sfiorata dal fenomeno.

Lo conferma Confagricoltura regionale tramite il presidente Ettore Pottino. “Sì, confermo, il fenomeno sta interessando ora anche la Sicilia, nei settori dell’ortofrutta e l’agrumicoltura in particolare, per questo stiamo incentivando nuovamente l’utilizzo dei voucher come soluzione per arginare il problema. Non solo voucher, ma tutte le soluzioni che potranno rendere meno traumatica una nuova emergenza occupazionale che s’inserisce in un contesto di ulteriore emergenza come quello generato dalla pandemia.

Se l’agricoltura siciliana collassa, o l’agricoltura nazionale collassa, sarà un colpo gravissimo per tutto il sistema – evidenzia Pottino -. Per le nostre aziende proveremo ad usare tutte le soluzioni possibili per garantire operatività, anche perché registriamo le prime difficoltà in alcune filiere come quelle che riguardano il latte. Ho ricevuto segnalazioni dagli associati delle zone di Ragusa, ma più in generale le difficoltà si sono registrate nelle attività che si occupano della fase di raccolta dei prodotti agricoli”.

“Capisco le difficoltà del Governo – continua il presidente regionale Confagricoltura parlando del Cura Italia – perché questa è una situazione straordinaria, mai affrontata prima, ma i provvedimenti sembrano davvero fionde utilizzate per fare la guerra. Hanno comunicato metteranno a disposizione i 600 € a marzo, poi pare lo abbiano comunicato per aprile. Al di la dell’incertezza non credo possano essere queste le soluzioni che potranno aiutarci. Serve immaginare un intervento smart, in cui la richiesta di lunghe documentazioni per ottenere gli indennizzi non rubi altro tempo agli agricoltori in difficoltà. Volendo sorvolare sulle somme disponibili, sarebbe necessario erogare gli aiuti immediatamente, senza sottostare a burocrazie blocca-sistema. La risposta attuale è timida, le soluzioni non possono essere derogatorie”.

La provincia di Ragusa è indiscutibilmente centro nevralgico della produzione ortofrutticola regionale. Pomodorini, melanzane e altri prodotti riferimento del mercato partono dalle campagne iblee, ma spiega il sindacato, al momento non ci sono allarmi occupazionali.

“La manodopera presente sui campi ragusani è nella maggior parte dei casi appartenente alla comunità rumena, un gruppo stanziale che è radicato sul territorio e per questo tende meno a spostarsi – spiega il segretario provinciale CGIL Giuseppe Scifo -. Il resto dei lavoratori e rappresentato da una comunità magrebina di lunghissimo corso, dunque il problema attuale dei lavoratori rimane le condizioni di scarsa tutela contrattuale e ulteriormente di sicurezza con il manifestarsi della pandemia e considerata l’assenza di mascherine.

Il solo lavoro di raccolta, infatti, non crea eccessive difficoltà a mantenere le distanze. Piuttosto che incentivare i voucher – evidenzia Scifo – eventuali incentivi al ritorno verso il lavoro nei campi del ragusano potrebbe essere la garanzia di un trattamento salariale equo e lontano dai 30€-35€ di paga corrisposta attualmente. La regolarità contrattuale potrebbe essere la soluzione. Dal settore agricolo ragusano non arrivano al momento altre sollecitazioni particolari”.

Twitter: @ChiaraBorzi