PALERMO – “Oggi si sconta nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord un evidente gap per quanto riguarda le retribuzioni. Al Sud come nel resto del Paese, buste paga e pensioni leggere producono il crollo dei consumi. Su questo occorre intervenire. Con buste paga e pensioni più pesanti ripartono i consumi e si favorisce la ripresa. Ci vogliono la riforma fiscale, la detassazione degli aumenti contrattuali, il taglio del cuneo fiscale”. Sono le parole di Ivana Galli, segretaria nazionale della Cgil, intervenuta al direttivo del sindacato in Sicilia. “Qualunque risposta per Mezzogiorno e per il Paese – ha sottolineato – deve avere il lavoro al centro”.
Il Quotidiano di Sicilia, a tal proposito, ha chiesto ad Adriano Giannola, presidente del Consiglio di amministrazione dello Svimez – associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – di fare il punto sulla situazione della nostra terra e su come può superare il gap con il Nord.
“Riguardo alla Sicilia abbiamo fatto una sorta di aggiornamento che fa registrare una debole ricrescita dell’economia, come d’altronde in tutto il Mezzogiorno, che è auspicabile che si rafforzi in seguito, ma occorre fare una valutazione più accurata della situazione. Anche per l’occupazione sembrava che ci fosse un miglioramento anche se le cose non è che siano cambiate molto nel complesso – ha detto Giannola –. C’è un disagio che imperversa non solo al Sud del Paese, perché anche altre realtà italiane si stanno meridionalizzando.
Il problema è che da tanto tempo i Governi non hanno una strategia né per il Meridione né per il resto d’Italia ma le regioni da sole possono fare poco (a parte il fatto che sono inefficienti, specie quelle autonome come la Sicilia) se non c’è una politica nazionale adeguata. Il fatto che le buste paga e le pensioni siano più leggere nelle realtà come la Sicilia rispetto al Nord non è una novità e non c’è da meravigliarsi – prosegue il presidente dello Svimez –. Basta prendere le analisi del Mediocredito centrale o dell’Osservatorio delle piccole e medie imprese da trent’anni a questa parte: il divario a volte è del 30-40%. Si tratta semmai di un’utile risposta a chi vorrebbe reintrodurre le gabbie salariali, da sempre strutturalmente presenti per via di come funziona il mercato e sono i classici rifugi in corner di chi non sa cosa dire; non è vero neanche che i salari al Sud sono più alti perché il costo della vita è più basso in quanto sappiamo che quest’ultimo non è certamente in calo per garantire i diritti alla mobilità, alla sanità, all’istruzione da cui deriva un costo sociale enorme per il Mezzogiorno che lo porta a picco.
La responsabilità – ha aggiunto Giannola – è in parte degli enti locali ma in gran parte della capacità estrattiva del Nord, ormai documentata ampiamente, che di fatto piomba le dinamiche sociali ed economiche del Meridione, penalizzando anche il Settentrione stesso.
Per superare il gap rispetto al Nord Italia, forse, se si mettessero a ragionare insieme Sicilia, Campania e Puglia, quindi circa 15 milioni di persone, avrebbero un peso molto diverso, soprattutto se riuscissero ad elaborare una strategia, banale, ma identificabile; non lo fanno ed è una loro grossa e gravissima responsabilità. Non dovrebbero contrapporsi al Nord ma chiarire che riprendere un dialogo, serio, sereno e molto rigoroso è fondamentale per la vita del Paese. Se questo non avviene – ha concluso il presidente del Cda dello Svimez – è per gli interessi del Nord che si illude di scaricare il Sud e per il provincialismo che coinvolge purtroppo entrambe le realtà del Paese”.