Politica

Carlo Calenda a Catania, “La Sicilia può ripartire solo se sconfigge i suoi mostri”. E attacca tutti

La Sicilia, terra di fantasmi, miti e creature mitologiche, si appresta a ospitare anche i mostri di Carlo Calenda. Il leader di Azione sarà infatti a Catania per presentare, nel cortile di Palazzo Biscari, il suo nuovo libro, I mostri – e come sconfiggerli, dedicato a tutti quei “demoni” che mantengono ancora oggi nell’immobilismo il nostro Paese e che hanno sfiduciato e deluso i cittadini. Ed è proprio il parlamentare, intervistato dal Quotidiano di Sicilia, a parlarcene nel dettaglio.

La Sicilia è da secoli una terra di mostri, miti e fantasmi, fantasmi da cui, per altro, non ci si riesce a liberare. Quali sono, secondo lei, questi mostri e come possiamo sconfiggerli?

“I mostri della Sicilia sono i mostri dell’Italia. Non sono le persone, come noi erroneamente spesso pensiamo, ma sono gli atteggiamenti, sono, per esempio, capire perché ci ostiniamo a votare delle persone a cui non affideremmo mai una nostra attività economica perché prive di esperienza di gestione; perché diciamo ai nostri figli che la cosa più importante è studiare, ma non chiediamo mai alla politica di investire come prima cosa sull’Istruzione e l’Università, con il risultato che siamo il Paese più ignorante d’Europa. Allora i mostri siamo anche noi e il nostro modo di stare insieme in una comunità nazionale”.

Sul Meridione e sulla Sicilia da tempo aleggia il mostro dell’assistenzialismo. Il governo a trazione grillina ha promosso il reddito di cittadinanza e bonus a pioggia, quanto si può andare avanti così?

“Le racconto una cosa, quando ero ministro dello Sviluppo economico, l’unico governo regionale che non si è mai fatto sentire, mentre gli altri chiamavano per investimenti, ecc., o presentato al MID è stato quello della Sicilia”.

Il governo di Crocetta, un governo di centro-sinistra, tra le altre cose.

“Esattamente. Totalmente disinteressato a qualunque cosa avesse a che fare con l’economia e lo sviluppo. Ma in fondo il tema è questo: noi pensiamo che è meglio avere qualche euro di assistenza, piuttosto che avere un sistema sanitario che funzioni, piuttosto che avere una scuola che funzioni, piuttosto che avere uno Stato che funzioni. È l’idea del paese fai-da-te, dove sostanzialmente le persone dicono “io non mi fido più di quello che è capace di fare lo Stato, né io mando persone adatte per governare lo Stato” e alla fine provo a cavarmela da solo. Il problema è che il Covid dimostra che questa cosa è finita, non funziona più”.

E quanto potremo resistere?

“È finita. Quando uno Stato non fa pagare la cassa integrazione, o quando la Sicilia non sa spendere un miliardo e mezzo di fondi europei senza cofinanziamento, disponibili dal primo giorno della crisi, questo vuol dire che lo Stato non esiste più, non esiste nelle sue amministrazioni periferiche e nazionali. Non riescono a spendere i soldi. Non è che non riescono ad avere i soldi, non riescono a spenderli”.

Esiste la luce in fondo al tunnel? Cosa c’è dopo il Conte due?

“Non si vede niente al momento, ma  tutto dipende totalmente da noi, dai cittadini. Non dobbiamo pensare che c’è una maledizione che condanna l’Italia ad avere degli incapaci al governo, li scegliamo noi quelli che stanno al governo, non li scelgono altri. E se noi passiamo da Monti alla rottamazione, al Vaffa, al “Prima gli italiani”, senza mai guardare cosa c’è dietro, qual è la credibilità delle persone che lo fanno, quanti politici si contraddicono e sono incoerenti. E se noi questo non lo guardiamo, non c’è nessuna strada, non c’è il Conte tre, il Conte quattro, il Salvini uno, il Meloni tre, non cambierà nulla perché tutte queste persone che ho nominato non hanno gestito neanche una gelateria e non saprebbero gestire neanche una gelateria, figuriamoci una grande potenza mondiale come la nostra, perché noi siamo una grande potenza mondiale. Sta a noi cambiare, sta a noi scegliere persone con la consapevolezza che andranno a gestire qualcosa che è nostro, cioè lo Stato, e quindi mettiamo la stessa cura nel capire che esperienza hanno, quanto sono seri, se fanno il loro dovere. I mostri si sconfiggono solo se capiamo che i mostri siamo noi, solo guardandoci in faccia”.

E come fa un paese immobilizzato da anni a destarsi così improvvisamente? Come si fa?

“Esattamente. Noi ormai ci siamo addormentati, ma la politica è potente quando la parola è potente e i momenti di crisi sono i momenti in cui si può guardare finalmente insieme i mostri in faccia. Si può capire, per esempio, che, se ti danno una piccola mancia, ma poi ci metti 13 mesi per farti una mammografia, se ti danno un piccolo reddito di emergenza, ma non ti puoi curare per una visita oncologica, per cui deve aspettare otto mesi e quindi ti tocca farla privatamente, ti stanno fregando, non ti stanno aiutando. Capire questo è capire tutto. Nei momenti di crisi si nascondono grandi possibilità per i paesi che non riescono a cambiare”.

Ci sono però mostri che tendono a ripresentarsi ciclicamente. Pensi, per esempio, al dibattito sul Ponte sullo stretto. Il governo ha preso tempo con la scusa dell’analisi costi-benefici ma non sembra esserci questa volontà politica. È l’ennesima beffa?

“Certo che è l’ennesima beffa. Funziona così in Italia: siccome non riescono a far funzionare le cose di base, l’amministrazione pubblica, le ferrovie, le strade, a rilasciare i permessi, un lavoro molto più complicato, un lavoro di gestione seria; siccome non si riesce a fare questo, si inventano ogni quindici minuti un dibattito ideologico sul nulla che non conduce a niente. Può essere il Ponte sullo stretto, possono essere i pieni poteri, possono essere i fascisti, i comunisti, si inventano questi dibattiti in maniera tale che le persone non pensino più a cosa non funziona, ma si dividano in squadre, in schieramenti. Questo è quello che stanno facendo i partiti in Italia in tutta la seconda Repubblica”.