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Campofiorito, piccolo paese palermitano sullo sfondo verde di ulivi e mandorleti

Campofiorito è un piccolo paese della provincia di Palermo, tra contessa Entellina, Bisacquino e Corleone. È un comune di giovane età che sorge sullo sfondo di colline verdeggianti, ulivi, mandorleti e campi di grano, in un territorio di una storia antichissima.

In queste terre già in epoca greca è attestata la presenza di un primo nucleo abitato. Sotto il dominio dei Romani il casale, che sino ad allora si chiamava Thuryrium, mutò il nome in Villanovam e ricoprì un ruolo importante. L’antico villaggio sorgeva nella contrada denominata Conte Ranieri, ai piedi del monte Castellaccio. Nei secoli a seguire il piccolo centro fu distrutto dagli Arabi e i suoi abitanti si rifugiarono presso l’odierno sito di Campofiorito dando origine al casale Bellanova. Nella zona di monte Castellaccio sono state portate alla luce le tracce di un insediamento indigeno risalente ad età arcaica. In cima al rilievo sorgono pure i resti di un’antica fortificazione medievale, con tanto di cinta muraria, due porte d’accesso, un mastio, due torri ed una chiesetta. A piano delle Giumente si trova un’antica fattoria romana, riutilizzata e rimaneggiata nei secoli.

Il centro abitato di Campofiorito fu fondato nel 1768 dal principe Stefano Reggio-Gravina, grazie ad uno jus aedificandi risalente a tre secoli prima. Nel 1452 il regio procuratore fiscale Giacomo De Playa, ottenne dal re Alfonso d’Aragona la concessione del feudo Batticani e il diritto di costruirvi una nuova città. Il feudo passò al principe Stefano Reggio-Saladino e poi al di lui nipote Stefano Reggio-Gravina che fece costruire le prime case a metà strada tra i feudi di Batticani e Scorciavacche. Il paese dal principe fu denominato Santo Stefano Reggio. I lavori di costruzione ebbero inizio il 21 marzo, le case erano tutte ad un piano, tranne quelle all’inizio del paese che furono costruite a più piani, quasi a voler formare una porta d’ingresso, sottolineata dalla presenza di due grandi fontane.

Venne anche realizzata la chiesa di Santo Stefano e su una lapide affissa in una delle sue pareti furono scritte in latino queste parole: “Già da tempo, dove l’avena diveniva sterile e loglio nocivo copriva spontaneamente la terra, sorge un paesetto illustre, di case curate e il forestiere che qui viene, è lieto di essere l’abitante. Qui dove la terra prima era arida, ora viene irrigata dall’acqua che scorre da una limpida fonte e ricrea gli uomini e il bestiame. Non mancano i doni di Cerere, ne quelli di Bacco e l’abbondanza sparge la ricchezza a piene mani. Quei suppellettili preziosi ornano i sacri verdeggianti altari e si adora il Signore con la giusta religione. Questo luogo ottenne molti privilegi, ma non per molto tempo e dal generoso principe Stefano altre cose otterrà”.

Presso l’altro ingresso del paese furono realizzati il fondaco e la conceria con i salatori per trattare le pelli. La chiesa consacrata al Patrono San Giuseppe risale invece al 1804. Al suo interno conserva un pregevole organo e statue di santi, tra cui quella del Patriarca, opera attribuita al Bagnasco. A San Giuseppe è dedicata la festa più importante del paese con la processione e l’allestimento del monumentale artaru in suo onore presso l’ex lavatoio pubblico Regina Elena.