Nel 2020 segnato dal Covid, il settore vitivinicolo siciliano ha accusato colpi molto duri. Soprattutto a causa delle chiusure (determinate da Dpcm e fallimenti) nella ristorazione.
Attualmente il sentimento del comparto è caratterizzato da una forte “preoccupazione per il futuro” come ha anche sottolineato il direttore del Consorzio di tutela dei vini Etna Doc, Maurizio Lunetta. “Nei mesi del lockdown, essendo chiusi ristoranti, enoteche e pub – ha dichiarato al Qds Lunetta – il mercato si è praticamente fermato. I punti vendita hanno consumato le scorte che avevano in magazzino. Si è fermato tutto prima nel mercato italiano e poi anche negli Usa e nel resto del mondo”.
Nonostante i diversi aiuti delle Istituzioni, sia nazionali che locali, per aiutare le aziende, molte le cantine siciliane (come quelle che producono vino sull’Etna) non hanno potuto beneficiare dei ristori. “Gli aiuti – continua Lunetta – non hanno interessato assolutamente la Doc Etna. In altre aree della Sicilia ci sono state misure come la vendemmia verde, degli aiuti a chi viene distrutto il raccolto, oppure la riduzione della resa pagata con i contributi, tutti interventi di cui il nostro territorio non ha beneficiato. Perché gli aiuti sono troppo bassi per i nostri vini”.
In quest’ottica, per cercare di risollevare il commercio, molte cantine hanno cominciato a diversificare il pubblico verso cui si rivolgono, puntando sull’e-commerce e sulle vendite online. Inoltre, qualche contributo è arrivato anche dai consorzi. Per esempio, grazie a quello guidato da Maurizio Lunetta si deve la riduzione (solo per la vendemmia 2020) della resa massima per ettaro di vigneto di Etna Rosso che da 90 quintali è scesa a 70. “Questo – spiega Lunetta – per contenere una super produzione e per migliorare la qualità”. Obiettivo centrato in pieno, in quanto dalla vendemmia sull’Etna nel 2020 si è ottenuto un prodotto ottimo dal punto di vista qualitativo.
Per cercare di capire al meglio come i produttori di vino siciliani hanno affrontato l’anno appena passato, le strategie che hanno messo in atto per cercare di resistere alla crisi causata dal Covid e i loro progetti per il futuro, abbiamo intervistato i presidenti delle principali cantine dell’Isola e anche alcune realtà rappresentative del settore, come il consorzio Etna Doc e l’associazione Strade del Vino dell’Etna.
La pandemia ci ha costretti a rivoluzionare il nostro rapporto con il digitale, il consorzio di tutela dei vini Etna Doc come si è mosso in questo campo?
“Come tutti ci siamo molto approcciati al digitale. Per esempio abbiamo fatto dei web testing con giornalisti: abbiamo inviato loro dei vini e un esperto sommelier li ha guidati ad una degustazione online. Ci siamo adeguati visto che non abbiamo potuto fare le nostre attività promozionali previste”.
Come consorzio che tipo di aiuti istituzionali avreste voluto?
“Noi avevamo fatto una proposta per degli aiuti alle aziende per lo stoccaggio del vino già pronto. Molte piccole e medie cantine avevano le cantine già piene. Inoltre, avremmo voluto una liquidità più veloce e immediata alle imprese. Perché la crisi è proprio la mancanza di liquidità, difficoltà in cui sono entrate molte aziende”
Quali sono i progetti e le prospettive per l’immediato futuro?
“Stiamo programmando il 2021 sperando che tutto si possa fare. I nostri progetti sono essenzialmente promozionali. Le nostre attività continuano, il consorzio non può permettersi di fermarsi”.
Qual è il bilancio dell’annata 2020?
“Abbiamo dovuto rivedere molte delle attività ma anche dare un blocco ad altre.Una fra tutte – spiega la direttrice dell’associazione, Marika Mannino – è stata il tour del treno dei vini dell’Etna che non abbiamo potuto far partire. Non volendo rimanere fermi abbiamo pensato di creare un altro tour ideato per micro-gruppi che abbiamo chiamato ‘Etna in wine’.”
Le aziende vitivinicole dell’Etna come hanno risposto al Covid?
“Le cantine fino alla metà di luglio hanno subito un pesante stop. Alcuni hanno deciso di riaprire e nei mesi di agosto e settembre si è lavorato. Speriamo che questo periodo sia servito alle aziende per strutturarsi meglio. Noi abbiamo consigliato di farlo, di investire nella formazione dei dipendenti”.
Siete stati soddisfatti degli aiuti istituzionali?
“Si sarebbe dovuto dare un aiuto fattivo in termini non tanto della cassa integrazione, quanto di investimenti fatti sulla base di progetti reali di innovazione. Come contributi per la digitalizzazione”.
Le vostre cantine come hanno reagito a quest’annata tormentata dal virus?
“Dal punto di vista commerciale – afferma il presidente delle cantine Duca di Salaparuta, Roberto Magnisi – non ci siamo mai fermati perché una buona fetta del nostro commercio che è rappresentata dalla Gdo sia in Italia che all’estero. Naturalmente il blocco del mondo dell’Horeca ha pesato. Per recuperare quello che si è perso quest’anno probabilmente ci vorranno anni”.
Qual è la chiave di volta per superare la crisi?
“Investimenti sulle persone, credere nel made in italy, credere in un percorso dove noi siamo forti in Itaia ma soprattutto in Sicilia. Con la giusta professionalità e le giuste persone il territorio riuscirà a crescere”.
Molte cantine durante il lockdown hanno puntato sull’e-commerce, voi?
“Le vendite online ci hanno dato una grossa mano. Abbiamo un nostro shop online, il Duca-store, dove abbiamo registrato vendite stratosferiche soprattutto nel periodo del lockdown. Mai viste tante vendite”.
Oltre a rivolgerci alle principali cantine siciliane abbiamo voluto ascoltare anche la voce di quelle piccole aziende che stanno emergendo nel settore siciliano. Una di queste è l’agriturismo Hibiscus di Margherita Longo.
Qual è il bilancio di quest’annata?
“Dal punto di vista commerciale l’inizio dell’anno è stato un po’ preoccupante perché le vendite destinate al mercato Horeca erano interrotte. C’è stato un piccolo incremento delle vendite dirette online. Quindi abbiamo guardato all’inizio della stagione un po’ preoccupati. Devo dire che poi la ripresa è stata molto energica”.
Siete stati soddisfatti dagli aiuti statali e regionali?
“Le istituzioni l’aiuto lo dovrebbero dare facendo funzionare meglio i sistemi, snellendo la burocrazia”.
La vostra azienda come ha cercato di superare questo periodo segnato dal Covid?
“Quello che abbiamo pensato di fare – spiega Alessio Planeta, presidente delle omonime cantine – quando è scoppiata la pandemia è stato mettere i motori al minimo. È chiaro che c’è stato un crollo verticale delle vendite, soprattutto da metà marzo a metà giugno. All’estero abbiamo cercato di seguire l’onda del Covid. Mentre si chiudeva l’Occidente si apriva l’Oriente. Credo che si potrà chiudere l’anno con un calo delle vendite del 20%. Non è una tragedia. Abbiamo anche spinto sull’e-commerce che è decollato, però è impensabile che il nostro mondo possa fare a meno del consumo fuori casa”.
Di quali aiuti istituzionali avete usufruito? Vi sono bastati o avevate bisogno di più?
“Abbiamo usufruito della cassa integrazione in modo non eccessiva. Gli spostamenti dei pagamenti non sono stati dei veri e propri aiuti ma più dei pannicelli caldi. Adesso bisognerà capire l’impatto nel medio termine del Covid, che non sarà piccolo. L’importante è non fermare gli investimenti e la progettualità”.
Come avete vissuto quest’annata tormentata dal Covid?
“Nei mesi di marzo, aprile e maggio – ha spiegato Graziano Nicosia, amministratore delle cantine Nicosia – ci ha tenuto in piedi la nostra presenza sui canali della Gdo. Abbiamo avuto delle perdite nell’export. Altro aspetto è quello legato al mondo dell’enoturismo che ha subito un freno incredibile e a tutt’oggi non si è ripreso”.
Quali misure avete messo in atto per risollevarvi dopo la chiusura?
“La nostra strategia in fase di lockdown è stata proprio quella di rafforzare il rapporto con tutte le società che svolgevano vendita diretta e online sia all’estero che in Italia. Sul mercato estero, poi, abbiamo rafforzato la nostra presenza. Era necessario essere pronti ed adattarsi subito alle nuove situazioni e fare dei cambiamenti importanti”.
Avete usufruito di aiuti istituzionali?
“Ne abbiamo usufruito. Soprattutto per quanto riguarda la proroga dei debiti di lungo termine. Sarebbe stato gradito qualche aiuto in più per quanto riguarda l’immissione di liquidità nelle aziende”.
Quali sono le prospettive future dell’azienda?
“è un periodo molto incerto e l’incertezza è sicuramente difficile da gestire. Noi, per nostra filosofia, in questi periodi investiamo di più. Sono periodi in cui sono richiesti degli sforzi maggiori”.
Come ha influito il Covid durante l’ultima annata?
“L’inizio dell’anno – dichiara il presidente dell’azienda Barone di Villagrande, Mario Nicolosi – è stato veramente sconfortante. Poi con l’apertura a giugno e a luglio abbiamo recuperato gran parte di ciò che non avevamo fatto nel periodo di chiusura. Tutto sommato il danno commerciale è veramente limitato, anche perché mentalmente durante il Covid ci eravamo organizzati per affrontare un 2020 molto più pesante di quanto in realtà è stato”.
Come avete reagito alla crisi del commercio?
“Abbiamo tentato tutto. Abbiamo incrementato il commercio online creando delle piccole offerte sulla metodologia per ricevere il prodotto. Dopo la riapertura ha funzionato molto bene anche la nostra rinnovata proposta di un percorso di degustazione”.
Quale è stato il fronte più duro, quello del mercato interno o quello estero?
“L’Italia non ha risposto bene, forse perché la nostra ristorazione ha l’abitudine ad avere scorte di vini molto più alte rispetto ad altri mercati. Questa cosa non esiste all’estero, dove siamo andati molto bene. L’estero, infatti, ci ha dato una risposta immediata. Anche durante il lockdown, subito dopo la riapertura, a New York, ci hanno confermato gli ordini e i delivery hanno sempre funzionato. È un altro mercato, un altro mondo, dove il vino di qualità è stato consumato”.
Come è andata quest’annata tormentata dal Covid dal punto di vista della produzione, ma soprattutto dal punto di vista commerciale?
“L’annata, dal punto di vista vinicolo – dichiara Benedetto Renda, presidente delle cantine Pellegrino – è andata abbastanza bene. Per quanto riguarda gli aspetti commerciali abbiamo passato dei mesi bruttissimi quando la ristorazione era chiusa. La nostra azienda ha sofferto meno in quanto la parte maggioritaria della nostra produzione è rivolta alla grande distribuzione. Abbiamo avuto, inaspettatamente devo dire, dei rimbalzi strepitosi nei mesi di luglio e agosto”.
Quali sono le prospettive dell’azienda per cercare di recuperare quello che è rimasto da recuperare?
“Questo dipende molto se il fenomeno viene circoscritto o se dilaga. E non dipende da noi. Chiaramente siamo molto presenti sul mercato, siamo molto vicini ai nostri agenti, cercando anche di anticipare delle provvigioni, facendo anche dei piani di scontistica per cercare di superare questa fase”.
Con la pandemia come è cambiato il vostro approccio con il digitale?
“Come azienda abbiamo preso contatto con una delle più grosse catene di vendita online e abbiamo avuto degli incrementi a doppie cifre su questo canale. Ancora non ci stiamo organizzando a livello aziendale e quindi ci continueremo ad appoggiare a queste strutture nazionali”.
Un’altra azienda emergente che spicca nel panorama siciliano è sicuramente quale a capo delle cantine Disisa. Abbiamo intervistato il presidente, Mario Di Lorenzo.
Quali sono state le conseguenze della pandemia?
“Per quanto riguarda la produzione il virus non ha inciso completamente. Per la parte commerciale è chiaro che il problema c’è stato, perché noi lavoriamo esclusivamente nel canale Horeca”.
Quali misure avete messo in atto per cercare di contrastare questo calo?
“Ci siamo adoperati con la vendita online anche se fino a quel momento non l’avevamo mai messa in pratica”.
Che cambiamenti ha portato il Covid alle vostre cantine?
“Il primo cambiamento che abbiamo visto con il Covid – spiega Federico Lombardo, presidente delle cantine Firriato – è stato quello legato all’impossibilità di fare una pianificazione a medio-lungo termine. La nostra strategia è stata quella di stare vicini ai nostri clienti provando a gestire insieme le loro sofferenze. Poi, il secondo passo è stato quello di potenziare i servizi come l’home delivery. La vera evoluzione del Covid è il cambiamento dell’abitudine di consumo”.
Le perdite più consistenti dove sono state registrate? In Italia o all’estero?
“Quello che abbiamo perso come fatturato è stato tutto quello interno all’Italia. Per le esportazioni non registriamo perdite consistenti. Anche perché all’estero ci sono alcuni mercati dove stiamo crescendo come Canada e Giappone”.
Avete usufruito i aiuti istituzionali? Ne siete stati soddisfatti?
“La cassa integrazione in deroga è stata funzionale e importante. Ma da cantina, la cosa che avremmo voluto, non era che l’aiuto delle istituzioni fosse rivolto a noi produttori, piuttosto ai nostri clienti. Anche perché sono loro che devono comprare il mio vino e pagare le mie fatture. Un altro punto è il discorso fiscale e burocratico. Spero che questa sia la volta buona per iniziare a cancellare un po’ di burocrazia. L’aiuto che vorremmo, quindi, è lo snellimento delle pratiche”.