Fatti

Carceri, rinnovato il progetto per la tutela dei figli di detenute

ROMA – “Tutelare i diritti dei bambini e adolescenti coinvolti in situazioni di detenzione genitoriale, garantendo loro una crescita sana ed equilibrata”.

Sono questi gli obiettivi dichiarati del progetto ‘Bambini e Carcere’, nato nel 1993 dall’impegno dei volontari di Telefono Azzurro e reso possibile graziealla collaborazione con il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, accordo che è stato rinnovato ieri con la firma del protocollo d’intesa che regola le attività dell’associazione nelle strutture carcerarie di tutta Italia.

Il progetto ‘Bambini e Carcere’ ha come obiettivi prioritari “la promozione di uno sviluppo adeguato del bambino che si trova inserito in una situazione di detenzione e il supporto all’incontro tra genitori e figli anche attraverso l’allestimento di spazi idonei”.

Per fare questo, l’attività di sostegno si muove in due direzioni: “la fase del nido che consente ai bambini di trascorrere i primi anni da 0 a 6 con la mamma in carcere in una situazione affettiva, logistica ed organizzativa a misura di bambino; e la ludoteca per attenuare l’impatto con la dura realtà carceraria al momento del colloquio con il genitore detenuto”.

Sono stati oltre 12.000 i bambini e i ragazzi seguiti nel 2018 dalle attività del progetto, attraverso la costante presenza di 240 volontari adeguatamente formati e preparati, in 24 istituti di prevenzione e pena, dislocati in 21 città di 10 regioni italiane. “Ma sono ancora molti i bambini e gli adolescenti che vivono per un periodo della propria vita, direttamente o indirettamente, l’esperienza del carcere e che devono essere aiutati”, sottolinea Telefono Azzurro.

Si stima infatti che in Italia i bambini e gli adolescenti separati da un genitore adulto, che ogni anno entrano in carcere per incontrarlo, siano circa 70.000. Inoltre, dalle statistiche del Dap, nel 2018 la popolazione carceraria ammonta a 59.655 e circa 26.364 di questi sono anche genitori e sono 52 i bambini fra gli 0 e i 6 anni che vivono negli Istituti di prevenzione e pena con le proprie madri.

“Il minore che entra in carcere si trova a gestire una situazione complessa e delicata: si trova all’interno di un sistema che, per esigenze di ordine e di controllo, è rigidamente organizzato, caratterizzato da ritmi regolari e atteggiamenti uniformi – spiega Ernesto Caffo presidente di Telefono Azzurro -. Il rapporto con il proprio genitore rappresenta non solo un bisogno e diritto fondamentale per un’armoniosa crescita del minore, ma è altresì considerato un percorso in linea con gli obiettivi risocializzanti della pena.