ROMA – L’aumento del prezzo dei prodotti alimentari è un fatto ormai appurato nel mercato. Questa situazione che si sta delineando sugli scaffali italiani è figlia di molteplici componenti, tra le quali la crisi economica generata dalla pandemia e la difficoltà nel reperimento di alcune materie prime dovute ad eventi climatici particolari e raccolti non soddisfacenti. Il tutto ulteriormente aggravato dal conflitto in Ucraina, che impatta negativamente sul prezzo dei prodotti di prima necessità nei supermercati.
A tal proposito, Altroconsumo ha realizzato un’indagine, analizzando i prezzi a scaffale di 10 tipologie di prodotti alimentari. Attraverso la rilevazione prezzi fornita da Iri, Altroconsumo ha monitorato i prezzi, praticati nel mese di marzo da Ipermercati, Supermercati e Discount, di 8 categorie di prodotti alimentari (olio di semi di girasole, farina 00, pasta, olio extravergine, zucchero, caffè, latte e passata di pomodoro) e di 2 prodotti del settore ortofrutticolo (zucchine e banane), confrontandoli con quelli del mese scorso e degli scorsi anni.
Dall’inchiesta emerge che uno dei prodotti a subire maggiormente le conseguenze del conflitto è l’olio di semi di girasole, il cui prezzo è aumentato, tra febbraio e marzo 2022, del 15%. La Russia esporta a livello globale circa il 15% dei semi di girasole e il 19% dell’olio greggio di girasole. L’Ucraina è responsabile del 50% delle esportazioni di semi di girasole e del 47% dell’olio (fonte: Ismea). Tuttavia, la crescita dei prezzi al dettaglio per questo prodotto era presente anche prima dell’inizio della guerra: per tutto il 2021, infatti, i prezzi medi dell’olio di girasole sono stati più alti rispetto all’anno precedente e tra dicembre 2021 e dicembre 2020 il prezzo dell’olio di girasole era già aumentato del 28%.
A marzo 2022 il prezzo della farina 00 è tornato a salire, dopo una leggera flessione di -0,7% tra gennaio e febbraio 2022, con un aumento di +6,2% in un mese, dovuto alle tensioni sui mercati internazionali di riferimento per il grano tenero. Mentre, a partire dalla scorsa estate, il prezzo della pasta di semola ha iniziato una corsa al rincaro che non si è ancora arrestata. A innescare questi aumenti sono anche l’innalzamento dei costi della materia prima necessaria per produrre la pasta, cioè il frumento duro. Il rincaro è stato determinato dai cattivi raccolti canadesi della scorsa stagione ed aggravato dalle difficoltà del settore trasporti e dagli aumenti dei costi dell’energia. Infatti, un chilo di pasta costava 1,30 € a marzo 2021 contro 1,52 € di oggi: il 17% in più. Nel mese di marzo 2022 il prezzo è risultato in crescita (+1,6%).
Fino al mese scorso il caffè in polvere venduto al supermercato non mostrava alcun segno di crescita nei prezzi. Nell’ultimo mese, però, il caffè preso dallo scaffale di Iper, Super e Discount è aumentato del 4%. Il latte a lunga conservazione, invece, non subisce rincari, infatti il prezzo a scaffale di questo prodotto è rimasto sostanzialmente stabile nell’ultimo periodo: un litro di latte costava 0,88 € a gennaio 2019 e oggi costa 0,92 €.
Il prezzo dell’olio extravergine di oliva risente più delle strategie delle catene distributive che dei costi alla produzione. Le forti oscillazioni dei prezzi all’origine sono assorbite in parte dall’industria e in parte da chi distribuisce il prodotto: questo attenua la variabilità del prezzo finale dell’olio. Nonostante ciò, il prezzo dell’olio era già aumentato del 9% in un anno a febbraio scorso (confronto tra febbraio 2022 e febbraio 2021), e ora ha subito un aumento dell’11% in un anno.
Nell’ultimo anno il prezzo medio dello zucchero da barbabietola è aumentato del 7,4%, riflettendo in parte la situazione dei costi della materia prima sui mercati internazionali.
A marzo 2021 la passata di pomodoro costava in media 1,27€ al chilo, oggi costa 1,30€ al chilo; la differenza è di soli 3 centesimi, quindi gli ultimi 12 mesi non hanno evidenziato grossi cambiamenti sui prezzi a scaffale. Dall’indagine emerge comunque che la passata, a partire dall’inizio dell’emergenza pandemica, è diventata più costosa: l’aumento del prezzo confrontato con il 2020, infatti, è stato del 7%, mentre rispetto a prima della pandemia (marzo 2019) l’aumento raggiunge il 14%.
La zucchina è un ortaggio molto diffuso e presente sui nostri scaffali praticamente tutto l’anno, anche se soggetto a stagionalità. Si tratta di un prodotto a produzione prevalentemente nazionale che risente poco di eventuali tensioni sui mercati internazionali. Anche per le zucchine comunque, a partire dalla fine del 2021, si registrano aumenti dai dati che emergono solamente da Iper e supermercati. Un chilo di zucchine costava a marzo dello scorso anno 2,01 €, mentre oggi costa 2,34 €: 33 centesimi in più. Al momento, invece, le banane non segnalano crescita nei prezzi al dettaglio. Un chilo di banane costava 1,65 € nel 2019, lo paghiamo 1,65 € anche oggi.
“Questi numeri preoccupano molto, anche e soprattutto, perché i rincari che abbiamo osservato riguardano prodotti alimentari di base e quotidiani nella spesa delle famiglie. La guerra in Ucraina ha sicuramente impattato ma come emerge chiaramente dalla nostra analisi, gli aumenti sono stati registrati già da prima e gli effetti sono più incisivi rispetto a quelli che giustificherebbe il solo conflitto. Per questa ragione, auspichiamo che vi sia massima vigilanza da parte delle Autorità per evitare fenomeni speculativi, già sotto osservazione anche in altri ambiti – commenta Federico Cavallo, responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo -. In definitiva, i consumatori si trovano oggi a fronteggiare una vera e propria ‘tempesta perfetta’, nella quale rincari su energia, carburanti e alimentari si sommano e finiscono per impattare gravemente specie sulle fasce a medio e basso reddito, già impoverite nell’ultimo anno. Per questo chiediamo alle Istituzioni il massimo impegno per fronteggiare questa situazione e, soprattutto, i suoi possibili effetti in termini di povertà energetica ed alimentare. Nel concreto, crediamo che di fronte a una simile emergenza vadano rifinanziati con risorse aggiuntive i ‘bonus spesa’ per le fasce più bisognose e venga estesa la platea dei beneficiari, alzando la soglia Isee a 20.000 euro, assicurandosi, peraltro, che il meccanismo di erogazione sia efficace nel garantire questo importante supporto alle persone”.