Energia

Case green, il Superbonus uscito dalla porta rientrerà dalla finestra… dell’Unione europea

ROMA – Nella seduta di martedì 12 marzo 2024, i deputati del Parlamento europeo hanno adottato in via definitiva la direttiva Case Green sulle prestazioni energetiche degli edifici, nello stesso testo varato a gennaio. Definite, quindi, le nuove regole per ridurre il consumo energetico e le emissioni di gas a effetto serra del settore edilizio l’Epbd, l’“Energy performance of building directive” che però, per diventare legge, dovrà essere approvata formalmente dal Consiglio dei Ministri. Solo quando tutti i Governi l’avranno approvata, sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale UE ed entrerà in vigore entro i successivi 20 giorni.

Il voto ha registrato in Aula 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti. Ciò che colpisce è che i partiti che hanno espresso un voto contrario non governino nel rispettivo Paese tranne nel caso dell’Italia, dove le tre forze di maggioranza, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, si sono schierate contro con un voto compatto. Dopo il passaggio presso il Consiglio europeo, le Capitali dovranno adesso valutare come aderire alla direttiva europea: è previsto che ogni Stato invii un piano nazionale di ristrutturazione con l’indicazione della tabella di marcia e degli obiettivi da seguire. Il piano andrà approvato entro il 2026 e andrà aggiornato ogni cinque anni. L’obiettivo è ambizioso: arrivare nel giro di 26 anni, cioè entro il 2050, a emissioni zero.

Quasi il 60% delle abitazioni sarà da ristrutturare entro il 2050

Secondo i dati dell’Istat oltre l’82% degli edifici in Italia sono residenziali. Si tratta di circa 12 milioni di edifici su un totale di 14,5 milioni. Secondo l’Enea, il 59% ha un’età media pari a 59 anni e, conseguentemente, la classe energetica attuale non è da considerarsi buona. Infatti, come rilevato, quasi la metà degli edifici residenziali è in classe G oppure E, ossia le due più basse. Del resto anche in Europa la classe energetica delle case non è in linea e questo significa che, per la direttiva europea, quasi il 60% delle abitazioni sarà da ristrutturare entro il 2050. Solo il 15% delle nuove abitazioni e il 25% delle già esistenti è adeguato e, come rileva Enea, le case costruite durante il 2022 sono per il 95% in classe A.

Ora i paesi membri saranno costretti a definire i piani per la riduzione dei consumi del loro patrimonio edilizio residenziale. Il 2020 è considerato l’anno zero e il 2050 l’anno nel quale, a completamento del percorso, bisognerà avere un patrimonio edilizio a emissioni zero. Entro il 2040, era previsto inizialmente per il 2035, il divieto di concedere agevolazioni per gli apparecchi alimentati a combustibili fossili anche se sarà, però, possibile dare incentivi ai sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore, ovverosia gli apparecchi ibridi. Anche l’elettrificazione dei riscaldamenti e l’utilizzo delle pompe di calore sarà determinante e lo dimostra il fatto che la direttiva li cita in diversi punti del testo, in quanto porterà a utilizzare svariati tipi di energie rinnovabili nei nuovi edifici, quelli residenziali dal 2030, che dovranno essere a emissioni zero.

Tutti i nuovi edifici dovranno avere zero emissioni

Per quanto riguarda tutti i nuovi edifici, residenziali e non residenziali, dovranno avere zero emissioni “in loco” di combustibili fossili a partire dal 1° gennaio 2028 per gli edifici di proprietà pubblica e dal 1° gennaio 2030 per tutti gli altri nuovi edifici, con possibilità di esenzioni per gli immobili sottoposti a vincolo puntuale o a vincolo di area, quelli religiosi, quelli temporanei, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli immobili della difesa e quelli sotto i 50 metri quadri di superficie catastale. Cambiano le regole sull’installazione dei pannelli solari perché la nuova normativa non ne impone più l’obbligo per gli immobili residenziali esistenti ma concentra la sua attenzione sui nuovi edifici, sugli edifici pubblici e su quelli non residenziali di grandi dimensioni. L’obbligo d’installazione riguarderà invece gli edifici pubblici, in maniera progressiva dal 2026 al 2030, anche se dovranno essere predisposte strategie nazionali individuali per dotare di impianti solari anche gli edifici residenziali nuovi e i non residenziali di grande dimensione, se tecnicamente ed economicamente fattibili.

È evidente che questa direttiva impatterà anche sulla questione “Bonus Casa”, perché l’Ecobonus per l’efficientamento energetico degli edifici, in scadenza il prossimo 31 dicembre, è strettamente correlato, così come il “Bonus Ristrutturazioni”, che prevede sconti anche per i lavori di efficientamento energetico, è l’unica agevolazione al momento sicura di resistere nel 2025 anche se con percentuali e massimali minori dato che attualmente è al 50% per poi scenderà al 36% una volta a regime. Per efficientare gli edifici, saranno necessari interventi specifici come cappotti termici, sostituzione infissi, pannelli solari, caldaie a condensazione, tutte “spese” in più per i cittadini. A questo proposito, va evidenziato che anche molti degli attuali bonus, Ecobonus, Sismabonus e Sismabonus Acquisti, scadono alla fine del 2024 e il Governo dovrà ripensare, inevitabilmente, a una proroga o a un altra forma di agevolazione fiscale, una sorta di “Bonus edilizio unico”, per incentivare la spinta verso le “Case Green”.

Agevolazione fiscale per chi investe sull’efficientamento energetico

Nella direttiva Ue è ammesso l’utilizzo d’incentivi che garantiscano l’agevolazione fiscale per chi investe sull’efficientamento energetico, ma è implicitamente citato anche lo sconto in fattura, ovverosia l’incentivo, per i cittadini che spendono per efficientare i loro edifici, di risparmiare direttamente nelle fatture. Lo si legge nell’articolo 15 comma 4 che indica che “Per sostenere la mobilitazione degli investimenti, gli Stati membri provvedono affinché siano effettivamente messi in atto strumenti d’investimento e di finanziamento abilitanti, in particolare prestiti e mutui per la ristrutturazione degli edifici, contratti di rendimento energetico, sistemi di finanziamento in funzione del risparmio, incentivi fiscali, comprese aliquote fiscali ridotte sui lavori e sui materiali di ristrutturazione, sistemi di detrazioni fiscali, sistemi di detrazioni in fattura, fondi di garanzia, portafoglio di mutui ipotecari, strumenti economici per fornire incentivi per l’applicazione di misure di sufficienza e circolari, fondi destinati a ristrutturazioni profonde, fondi destinati alle ristrutturazioni che garantiscono una soglia minima significativa di risparmi energetici mirati e riduzioni mirate delle emissioni di gas a effetto serra nell’intero ciclo di vita”.

Viene ribadito nell’articolo 46bis che recita “Gli Stati membri dovrebbero fornire garanzie agli istituti finanziari al fine di promuovere prodotti finanziari, sovvenzioni e sussidi mirati e di migliorare la prestazione energetica degli edifici che ospitano famiglie vulnerabili, nonché ai proprietari degli edifici pluriresidenziali con le prestazioni peggiori e di edifici nelle zone rurali, e ad altri gruppi che hanno difficoltà ad accedere ai finanziamenti o a ottenere mutui tradizionali. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché tali gruppi beneficino di programmi di ristrutturazione neutri sotto il profilo dei costi, ad esempio attraverso programmi di ristrutturazione completamente sovvenzionati, o combinando sovvenzioni, contratti di rendimento energetico e sistemi di detrazioni in fattura. È necessario prevedere uno strumento speciale per le ristrutturazioni, il ‘prestito UE per le ristrutturazioni’, a livello dell’Unione onde consentire ai proprietari di accedere a costi di prestito unionali a lungo termine per le ristrutturazioni profonde”.

Sarà quindi possibile rivedere il blocco quasi totale a cessione del credito e sconto in fattura imposto dal “DL Cessioni”, l’11/2023, a partire dal 17 febbraio dello scorso anno. Il Governo dovrà occuparsi anche di questo. Come a dire che l’Italia sarà costretta a fare rientrare dalla finestra il “Superbonus” uscito dalla porta.