Reportage

Castello Ursino, scrigno di tesori ancora nascosti

Stupore, meraviglia. Non ci sono altri aggettivi per esprimere tale bellezza nel vedere un quadro dipinto da maestri di orientamento caravaggesco custodito da mezzo secolo e passa nel castello Ursino. Il maniero federiciano ne è pieno e ne preserva all’incirca 400, tutti di pregevole fattura e valore.

Le aree espositive comunali sono poche

Tesori d’arte dell’intera città di Catania che, però, non tutti i cittadini hanno avuto l’occasione per vedere esposti. Questo perché, oltre alle decisioni di non esporre alcune opere perché considerate doppione, il problema è che le aree espositive comunali sono poche. Nonostante se ne parli da decenni, i musei comunali per opere d’arte antica greco romana, pinacoteca… sono ridotti al solo castello Ursino che tra l’altro ha alcune aree ancora interdette e oggetto di un nuovo finanziamento da sei milioni e mezzo che riguarderà persino la tanto commentata e contestata scala antincendio. I lavori che dovrebbero cominciare a breve riguarderanno anche l’apertura di un’altra ala della struttura che consentirà di esporre altre opere finora rimaste non visibili.

Ma perché siamo ancora all’anno zero? Il direttore della Cultura del Comune, insediato soltanto dal 2019, Paolo Di Caro allarga le braccia, ma precisa che da alcuni anni a questa parte gli iter hanno subito una accelerazione: “Abbiamo in fase di definizione la procedura per l’ultimazione del primo piano del monastero dei Padri Crociferi che nell’ala sinistra ospiterà il museo egizio che per la precisione si chiamerà ‘museo delle collezioni egizie mediterranee’, mentre in quella a destra aprirà il nuovo museo civico n.2, mentre nel monastero di S. Chiara, che diverrà una pinacoteca, i lavori continuano e un’ala è stata già ultimata”.

Ma la vera novità arriva dal provvedimento che, dietro le direttive della direttrice dei musei civici comunali, Valentina Noto, ha preso il via poco meno di un mese fa. Attraverso la indicazione di una equipe di fotografi la direzione sta facendo una catalogazione meticolosa di tutti i reperti che sono custoditi nel castello, soprattutto di quelli che si trovano nel grande deposito, sui quali a breve sarà allestita una mostra fotografica artistica in un’ala del maniero che fino a pochi giorni fa ha ospitato la mostra sul pittore Contraffatto.

“Tutte le opere, i quadri, le settecento e passa stampe, anche quelle pregiatissime del settecento, saranno catalogate alla perfezione. Noi abbiamo già un inventario dei pezzi. Lo stiamo solo perfezionando inserendo tutte le foto delle opere. La catalogazione definitiva avverrà chiedendo il permesso, tramite la Sovrintendenza, al ministero Beni culturali per inserire le schede dentro il catalogo generale. L’obiettivo, quindi, – spiega – è quello di fare una ricognizione meticolosa delle opere esposte e non esposte del Comune”. La Noto non vuole sentite parlare di quello che secondo anche l’ex assessora alla Cultura della sindacatura Stancanelli, Silvana Grasso – che fece scoppiare lo scandalo sul presunto vaso attico sparito – era l’usanza di regalare o prestare delle opere ad enti e singoli esponenti. “Si tratta di una leggenda metropolitana! Il pizzino non era tanto per regalare, ma per prestare… Mi suona tanto di leggenda quello che accadde allora” chiosa con schiettezza la direttrice dei musei.

Eppure qualcosa sarebbe accaduta in quegli anni, con opere d’arte sparite dal castello e poi riapparse in sale di rappresentanza di enti, autorità e da lì, alcune sembra poi tornate alla casa madre, altre chissà. Ma l’usanza erano anche altre e d’altronde tutto quello che usciva dal castello veniva annotato in un libraccio scritto a mano, con al suo interno alcuni veri e propri “pizzini” di carta sui singoli pezzi.