CATANIA – Vicini al picco e, quindi, verso la fase discendente. In vista delle prossime festività natalizie e del dibattito conseguente, che da settimane ha preso piede in tutto il Paese, il professor Bruno Cacopardo, direttore dell’Unità di Malattie infettive all’ospedale Garibaldi di Nesima, traccia un quadro della situazione attuale della pandemia da Covid 19 a Catania e in Sicilia. Evidenziando come la situazione stia lentamente migliorando ma non a tal punto da declinarla al passato.
Cacopardo ci tiene a sottolineare come basterebbe qualche errore di valutazione per farci tornare, come nel Gioco dell’oca, al punto di partenza. “Questo andamento favorevole e ottimistico – ha detto, intervenendo ai microfoni Radio Studio Centrale – sarà tale solo a condizione che le misure restrittive e le misure di contenimento vengano rispettate. Un cedimento di queste misure – continua – comporterebbe una ripresa della curva ascensionale”. Che le strutture sanitarie, il sistema economico e la società in genere, potrebbero non sopportare. “Il picco non è stato ancora raggiunto e dobbiamo resistere non solo fino a quel momento, ma anche nella fase di discesa – insiste. Non dimentichiamo che la seconda ondata è partita da condizioni prossime allo zero. Eravamo a numeri bassissimi quest’estate, ma da lì siamo ripartiti”.
Per dichiararci più tranquilli, dunque, bisognerà attendere l’azzeramento dei casi, secondo il professore che, comunque, resta ottimista. “Personalmente – prosegue – il momento di maggior conforto lo avrò quando avremo azzerato il numero dei casi e ancora ce ne vuole. Ma non c’è dubbio che alcuni elementi sono confortanti”.
Il direttore di Malattie infettive del Garibaldi si sofferma, poi, sulla tenuta del sistema sanitario siciliano e su alcuni correttivi che servirebbe per migliorare, in generale, la gestione della pandemia.
“Il sistema sanitario regionale barcolla – ammette – ma come tutti i sistemi sanitari regionali italiani e molti dei sistemi sanitari nazionali di nazioni extraeuropee. Siamo di fronte a un momento particolare – continua: i numeri sono elevati e la malattia è piuttosto severa, per quanto non in tutti i pazienti. E quindi sì, il sistema barcolla ma sta, tutto sommato, reggendo – sottolinea – perché il numero dei posti è adeguato”.
Bisognerebbe lavorare, invece, su altro. “Quello che, secondo me va migliorato – spiega Cacopardo – è la gestione territoriale che va potenziata e il flusso nei pronto soccorso, affollati e con difficoltà logistiche non indifferenti. I medici di base hanno il compito di identificare le situazioni più complicate, indirizzando il paziente opportunamente, traghettandolo verso le strutture sanitarie, e oltre quello di gestire i pazienti paucisintomatici”. Con particolare attenzione, prosegue il direttore, per i pazienti a rischio che potrebbero sviluppare complicazioni.
“L’identificazione dei pazienti a rischio è molto importante – afferma: per loro è necessario avere un occhio di riguardo e indirizzarli, tempestivamente, nelle strutture ospedaliere, se la situazione tende a peggiorare”. Importante anche il ruolo delle Usca, non solo per effettuare i tamponi domiciliari, ma anche per “liberare” i pazienti ormai guariti che, come riportato anche sulle pagine del QdS, spesso restano intrappolati per mancanza del certificato dell’Asp. “Le Usca sono importanti sia nella diagnostica – dice ancora Cacopardo – che soprattutto nel monitoraggio dei pazienti che si negativizzano e bisogna evitare che restino prigionieri troppo a lungo. Mi rendo conto che i numeri sono elevati – conclude – ma questo stazionamento deve essere evitato”.