CATANIA – La riapertura delle attività commerciali sul suolo pubblico, ovviamente a determinate condizioni. È quanto chiedono i commercianti aderenti alla Fiva Confcommercio di Catania che si rivolgono all’amministrazione comunale affinché, d’accordo con le autorità preposte alla pubblica sicurezza, allenti le maglie delle regole per le attività su strada, prese per fronteggiare l’emergenza coronavirus, permettendo agli ambulanti in regola di esercitare il commercio. Naturalmente, rispettando le distanze e tutte le prescrizioni del caso.
Troppo alto il costo già pagato dal commercio cittadino, e ancora più alto il rischio che molte delle attività che compongono il tessuto produttivo cittadino, non riescano più a rialzarsi. Per questo, i rappresentanti dei commercianti etnei scrivono al prefetto Claudio Sammartino e al sindaco Salvo Pogliese, oltre all’assessore alle attività produttive, Ludovico Balsamo.
“Nel Sud Italia – asseriscono – le imprese familiari sono in crescita e hanno raggiunto la percentuale del 98%. Producono il 60% del valore aggiunto e danno lavoro al 70% degli occupati complessivi, secondo il rapporto PMI della Cerved – aggiungono. Se si dovessero fermare le PMI familiari in tutto il centro-sud, compresa la Sicilia, il danno economico sarebbe enorme, stimato in circa 25 miliardi di euro” – sottolineano. Una situazione che coinvolge anche chi esercita il commercio ambulante. Per i quali, però, al differenza delle botteghe, non è prevista alcuna deroga; chi vende generi alimentari o di igiene, infatti, non può svolgere la propria attività.
“Anche gli ambulanti sono stati bloccati dall’ordinanza del 3 aprile 2020 firmata dal Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci – continuano – che ha creato una forte disparità e molta confusione, dividendo, di fatto, le categorie dei negozi di vicinato delle medie e grandi strutture, dagli ambulanti, permettendo i primi di restare aperti tranne la domenica e i giorni festivi e inibendo la stessa cosa alla categoria bistrattata degli ambulanti su suolo pubblico. Perché le nostre bancarelle all’aperto sono state considerate luoghi a rischio contagio, a differenza degli ambienti chiusi? – si domandano. L’ordinanza è ingiustamente discriminatoria nei nostri confronti – lamentano: ecco perché ci ribelliamo e come Fiva Confcommercio vogliamo fare sentire la nostra voce”.
La situazione venutasi a creare starebbe depauperando le piccole imprese, “erodendo il piccolo patrimonio imprenditoriale accumulato negli anni – affermano ancora i rappresentanti di Confcommercio – e costringendo i titolari al licenziamento dei dipendenti o alla chiusura. I piccoli ambulanti e le imprese familiari sono sul lastrico – tuonano – e gli aiuti, allo stato, non saranno mai sufficienti”. Per questo, Arturo Coglitore, presidente Fiva Confcommercio della provincia di Catania insieme al segretario Giuseppe Fichera e al vicepresidente Giuseppe Romano chiedono risposte.
“Per quanto riguarda gli ambulanti, il problema è che, rispetto ai commercianti al chiuso, sul suolo pubblico è difficile stabilire il perimetro all’interno del quale fare rispettare la distanza di sicurezza tra le persone – spiega l’assessore Balsamo. Siamo coscienti della problematica – aggiunge – ma la questione purtroppo è molto delicata e riguarda la salute pubblica. È necessario garantire che vi siano le condizioni – ribadisce – ma la questione è all’attenzione dell’amministrazione ed è oggetto di incontri, come quello di ieri mattina alla Pescheria”.